2020. Anzi, no: 2021.

Non sono partite proprio sotto la migliore delle stelle, queste Olimpiadi 2021. Che poi, in realtà, sono le Olimpiadi 2020+1. La pandemia, che nell’ultimo anno e mezzo ha gettato il mondo nel caos e della quale (purtroppo) si fatica ancora a vedere la fine, ha coinvolto e segnato nel profondo tutti gli aspetti della nostra vita, non risparmiando neppure l’appuntamento olimpico.

Se l’intero comparto sport ha subito pesanti ripercussioni, che ancora ne condizionano il normale svolgimento, non stupisce che le Olimpiadi siano state investite in pieno dall’onda Covid-19, naufragando sulle sponde del 2021. Dopo mesi di tira e molla, infatti, si è scelto di posticipare di un anno l’evento, che nel corso della sua storia era stato annullato solo due volte, entrambe durante la Seconda Guerra Mondiale.

Un segnale di speranza nel ritorno a una normalità fatta -anche- di eventi sportivi mondiali. Uno spiraglio di luce per atlete e atleti che inseguono il sogno a cinque cerchi da una vita e hanno rischiato concretamente di vederlo sfumare, quel sogno, in una manciata di secondi. 
Non sarà così, invece: le Olimpiadi si faranno, a Tokyo come programmato, e inizieranno il 23 luglio 2021.

Le prime Olimpiadi dispari. E l’inaspettato cambiamento sembra portare bene in fatto di novità, perché questa edizione segna importanti primati per il mondo sportivo femminile.

Le polemiche

Foto Huffington Post

Novità positive per lo sport in rosa, anche se precedute dalla loro dose di polemiche. Se la scintilla Covid-19 ha investito in pieno le Olimpiadi 2021, non si può dimenticare che gli organizzatori della manifestazione ci hanno messo del loro per continuare ad alimentare l’incendio. E sembrano averci messo particolare impegno, a dirla tutta, considerato che le polemiche pre-olimpiche hanno interessato sempre la figura femminile. 

Ha iniziato il Presidente del Comitato Organizzatore, Yoshiro Mori, che aveva dichiarato: “Di solito nelle riunioni in cui ci sono troppe donne tra i partecipanti si perde più tempo del necessario” commentando la durata degli incontri del direttivo. E, non contento, si è sentito anche di rincarare la dose: “Se una di loro alza la mano per intervenire, le altre pensano di essere obbligate a rispondere, e alla fine tutte quante si ritrovano a parlare“.

Una caduta di stile che non è passata inosservata e ha -giustamente- scatenato l’indignazione mondiale. Nonostante questo, niente dimissioni per Mori, che si è limitato a scusarsi definendo le sue stesse parole “contrarie allo spirito olimpico e inappropriate“.

Chi invece non ha potuto esimersi dalle dimissioni è stato il direttore creativo delle Olimpiadi 2021, Hiroshi Sasaki, autore non solo delle coreografie della cerimonia di apertura ma anche di una proposta di pessimo gusto. Riguardo alla giunonica attrice del cast Naomi Watanabe, infatti, Sasaki ha suggerito di vestirla da maiale, presentandola come quello che ha definito un “Olympig”. Inutile sottolineare come la trovata del direttore creativo sia stata -anche stavolta giustamente- travolta dalle critiche, portando alle dimissioni immediate di Sasaki.

I primati

Nonostante questi episodi, lo abbiamo detto, le Olimpiadi 2021 si preannunciano punto di svolta per l’universo sportivo femminile in termini di pari opportunità: Quelli di Tokyo, infatti, saranno i giochi più paritari della Storia (almeno fino a questo punto), con la partecipazione del 48,2% di atlete.

Un risultato ancora più importante se si considera che la scalata delle donne al Monte Olimp(iade) è stata lunga e faticosa. Nella prima edizione delle Olimpiadi moderne, disputate ad Atene nel 1896, infatti, in omaggio a una travisata tradizione classica, non erano ammesse atlete e solo gli uomini potevano prendere parte alla competizione. Proprio come nel mito, tuttavia, la maratoneta greca Melpomene, moderna Atalanta, riuscì a gareggiare, seppure non ufficialmente.

Foto La Repubblica

I primi Giochi Olimpici aperti alle donne sono stati quelli di Parigi del 1900, con una rappresentanza del solo 2%. Le discipline interessate erano tennis, golf, vela e croquet. In questa occasione la tennista britannica Charlotte Cooper è stata la prima medagliata donna in una gara individuale. Per un oro italiano bisognerà attendere il 1936, quando Ondina Valla vince la gara  degli 80 metri a ostacoli.
Oggi, la situazione di Casa Italia è decisamente migliorata: per la prima volta nella storia della nostra partecipazione ai Giochi, la delegazione azzurra è composta da 186 donne e 186 uomini, in perfetta parità.

Rispetto a quel primo timido passo compiuto nel 1900, dovrà passare un secolo perché la falcata si allunghi e le donne siano ammesse in tutte le discipline: Londra 2012 segna questo primato, che oggi ci sembra ovvio ma che ha invece rappresentato un importante punto di svolta nell’esperienza a cinque cerchi.

Tokyo 2021 segnerà un ulteriore giro di boa, non solo per quanto riguarda la presenza femminile ma anche in termini di inclusività: è questa edizione, infatti, che segnerà la prima storica partecipazione di un’atleta transgender. La neozelandese Laurel Hubbard, al termine del suo percorso di transizione, ha agguantato la qualificazione olimpica nel sollevamento pesi, aprendo la strada a tutti gli atleti che soffrono di disforia di genere. Non senza sollevare, oltre ai pesi, anche una certa dose di polemiche: va detto, infatti, che alcune atlete si sono sentite penalizzate a dover competere contro un’avversaria che, a detta loro, presenta un ingiusto vantaggio sul piano fisico. Una questione sicuramente delicata, che apre il dibattito a una seria riflessione sulle categorie sportive, che forse appaiono per la prima volta decisamente limitate per poter rispecchiare una realtà sempre più variegata.

Le storie

Primati dentro e fuori i campi da gioco, ma le Olimpiadi 2021, come tutte le edizioni, sono soprattutto storie. Storie di coraggio, di vita, di personalità.

Storie di chi quell’Olimpiade tanto desiderata sceglie di non disputarla per mandare un messaggio forte e chiaro, come ha fatto la nuotatrice australiana Madeline Groves. La due volte medaglia d’argento a Rio 2016 ha deciso di ritirarsi dalle qualificazioni per lanciare un forte segnale di protesta contro il problema della misoginia nello sport.

Storie di chi, il sogno olimpico, è costretta ad abbandonarlo proprio a causa dello slittamento di un anno, perché messa di fronte alla scelta tra carriera e famiglia. Solo in Casa Italia, possiamo ricordare il duo d’oro dei tuffi Tania Cagnotto e Francesca Dallapé o la fiorettista Elisa Di Francisca: tutte hanno scelto la maternità e la loro esperienza apre sicuramente una riflessione su come la società, anche nello sport, costringa attualmente le donne a percorrere una sola delle mille sfaccettature che le contraddistinguono.

C’è anche chi quelle Olimpiadi sceglie di usarle come megafono per gridare al mondo forti e chiari quegli aspetti che si sceglie di non vedere. Lo ha fatto la fiorettista francese Astrid Guyart, protagonista insieme ad altri atleti cisalpini del documentario “Faut qu’on parle“: un coming out pubblico alla vigilia dei Giochi Olimpici per spezzare il tabù dell’omosessualità tra gli atleti d’elite.

Storie di chi frantuma primati su primati, come l’azzurra Federica Pellegrini, già record woman del nuoto, giunta alla sua quinta Olimpiade e decisa più che mai a lasciare il segno ancora una volta; storie di chi sfida il tempo ed è deciso a giocarsi la medaglia più ambita prima dell’addio definitivo. Storie di chi si emoziona già ad esserci, nell’Olimpo dei grandi che ha sognato da bambino; storie di chi sfida se stesso sempre e comunque e a Tokyo una volta di più. Storie di Donne, storie di Atleti, storie di Sport.

Accendiamo la torcia su queste Olimpiadi 2021 e auguriamoci che, per questa volta, a vincere saremo tutti.

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