In questi giorni terribili in cui la guerra è entrata prepotentemente nelle nostre vite si è sentito parlare molto di ex Unione Sovietica e delle repubbliche nate dopo la sua  dissoluzione. Io, nel corso dei miei viaggi, ne ho visitata una sola, l’Uzbekistan, e ve la voglio raccontare forse per il bisogno di raccontare per quelle zone anche qualcosa di bello. 

Se vi chiedete cosa ci sia da vedere in questo paese dal nome strano pensate solo che ospita alcuni dei più grandi tesori dell’antica “via della seta”, uno per tutti la mitica Samarcanda.

Se non ricordate bene cosa fosse la “ via della seta”   https://it.wikipedia.org/wiki/Via_della_seta

La storia

Per inquadrare questo paese anche rispetto alla situazione attuale è importante conoscere la sua storia recente. L’Uzbekistan, al tempo dell’Unione Sovietica, era una delle repubbliche più povere; gran parte della popolazione era occupata nella coltivazione del cotone in piccole comunità rurali. Ancora oggi, buona parte dei suoi abitanti vive nelle campagne e dipende per la propria sussistenza dall’attività agricola.

Dopo la sua dichiarazione di indipendenza nel 1991,anziché vedere un periodo di rinascita si ritrova in balia di un altro dittatore ,Karimov, che rimane al potere per 25 anni trasformando il paese in uno dei regimi più isolati e chiusi al mondo puntando, in opposizione alla cultura sovietica, sulla tradizione, sui clan e sulle tribù. Solo nel 2016 inizia per il paese un nuovo corso di apertura verso il mondo esterno.

 Khiva

Abbiamo il primo impatto con il paese nel tragitto dall’aeroporto di Urgench, nel nord del paese, fino all’albergo.  Lo stile architettonico della città è quello sovietico: edifici massicci e grigi, strade ampie ed enormi piazze. La città è punto strategico per visitare Khiva  la prima delle città uzbeke sulla via della seta. Si raggiunge dopo aver attraversato 35 chilometri di campi di cotone e frutteti.  La città è costituita da una parte vecchia, la cittadella, cinta da mura, e da un abitato esterno. L’impressione che si ha davanti alle mura è quella di trovarci di fronte ad un castello di sabbia, ma appena varcata la porta d’ingresso ci si rende conto dei tesori che nasconde. Madrase ( le antiche scuole mussulmane), minareti, moschee e palazzi uno più bello dell’altro e tutti decorati con splendide piastrelle di ceramica azzurre e blu, portoni intarsiati e colonne decorate. Una vera ricchezza che ci fa stare a bocca aperta mentre guardiamo stagliarsi nel cielo le cupole azzurre delle moschee.

La gente che incrociamo sembra fuori luogo tra i resti di questo ricco passato, sono in prevalenza contadini che vengono qui a vendere ai turisti poche cose artigianali o prodotti della terra. In mezzo alle splendide madrase spuntano negozietti che vendono colbacchi e oggetti con l’effige di Lenin, stelle rosse e altri cimeli del periodo sovietico. Un gruppo di donne si mette in posa per una foto, ricordano le nostre contadine degli anni cinquanta: fazzoletto in testa, abiti fiorati e volti scolpiti dal sole.

Verso Bukhara

Ci dirigiamo verso sud per raggiungere Bukhara. La strada scorre in mezzo ad una campagna verdissima e ricca, poi comincia il deserto  sabbioso e in parte sassoso. Non incontriamo villaggi fino a quando raggiungiamo il fiume , l’Amur Darya (in latino Oxus), il fiume più lungo dell’Asia centrale  che scorrendo tra Tagikistan, Turkmenistan, Afghanistan e Uzbekistan arriva al Lago d’Aral. Il fiume è vasto e il contrasto tra l’azzurro dell’acqua e l’ocra della terra desertica è molto suggestivo.

Si è spalancato un orizzonte piatto, mentre ci arrivava una brezza calda e sinistra e il cielo si colorava di grigio piombo. Eravamo arrivati alla pianura dell’Oxus e sentivamo la presenza del fiume a ottanta chilometri di distanza, come si sente la presenza del mare prima di vederlo. (Robert Byron)

Bukhara

Ci vogliono circa sette ore per arrivare a Bukhara, un’altra delle favolose città della via della seta.

La città ha conosciuto la forza distruttrice di Gengis Khan, l’influenza di Tamerlano, la ricchezza dei traffici della via della seta che ne fecero un importante centro religioso con la costruzione di numerose moschee e madrase.   Per più di due secoli, a cavallo tra il XIV e XV, a Bukhara nacquero, vissero e insegnarono i più importanti maestri sufi che portarono la città ad una specie di rinascimento spirituale che si vede ancora oggi nella bellezza dei palazzi, nei mosaici delle arcate, nelle incisioni sulle porte delle case, nelle cupole verdi splendenti al sole.

La parte nuova della città si presenta ordinata e pulita; le ampie strade e alcuni grigi palazzoni ricordano anche qui il periodo sovietico come del resto le enormi piazze, ma anche qui la parte più spettacolare sono gli antichi monumenti che si trovano al centro della citta storica.

La cittadella fortificata dove hanno vissuto i “can” fino all’arrivo dei bolscevichi con porte imponenti, cortili e moschee e poi la Moschea Bolo Hauz con un ingresso stupendo e coloratissimi giardini di rose, gli antichi mercati con giochi di cupole sovrapposte che ricoprono il bazar di sete, tappeti e ceramiche. Ma il top lo raggiungiamo al complesso Poi-Kalyan  dove si fronteggiano la moschea Kalyan e la madrasa  Mir-i-Arab; uno spettacolo incredibile! Due portali enormi e riccamente decorati si fronteggiano tanto che non si sa dove guardare, il minareto finemente intarsiato e alto 42 metri troneggia su ogni cosa. Una vera meraviglia !

E’ strano pensare come gli uomini abbiano potuto costruire sia tanta bellezza e raffinatezza in passato che tanta bruttezza degli anni successivi.

ll santuario del santo sufi Baha al-Din al-Naqshbandi

Tra i maestri sufi più importanti ha un ruolo primario Shah Bahuddin Naqshband, i cui seguaci hanno praticato le loro cerimonie credendo di poter imparare a comunicare con Dio in solitudine attraverso il tranquillo dhikr, una forma di meditazione che significa “ricordo di Dio”. Durante il regime sovietico hanno sofferto intensamente per la repressione. Poi al crollo dell’Unione Sovietica, pellegrini di tutto il mondo hanno ripreso i loro viaggi nei luoghi santi come Bukhara e soprattutto a questo santuario che si trova fuori città.

Ci andiamo in una bella giornata di sole e, nonostante il santuario sia considerato la “Mecca dell’Asia centrale”, tanto che un pellegrinaggio qui  poteva sostituire il  pellegrinaggio alla Mecca, il complesso non ha un’aria solenne e formale,ma  le belle costruzioni decorate e intarsiate si affacciano su verdi giardini, vasche d’acqua  e spazi ombrosi. I fedeli vengono da ogni parte dell’Uzbekistan per venerare il santo; le donne vestite degli abiti più belli pregano sulla tomba , raccolgono l’acqua santa dalle vasche e fanno un rituale attorno ad un albero di gelso per  ottenere le grazie richieste.

C’è una bella atmosfera di festa, intere famiglie con molti bambini si riposano all’ombra nei cortili del santuario che durante il periodo sovietico, fu trasformato in un “museo dell’ateismo” proibendo ai fedeli di visitarlo.

Se volete saperne di più sui Sufi https://www.oasiscenter.eu/it/chi-sono-i-sufi  

Verso Samarcanda

Il viaggio per raggiungere Samarcanda è piuttosto lungo, ma attraversa paesaggi interessanti che alternano vasti deserti a campi coltivati, frutteti e immensi vigneti. Attraversiamo anche una regione dove si allevano le pecore Karakul, pecore nere dal pelo corto e lucido allevate per la produzione delle pellicce d’astrakan.

Facciamo una sosta a Shahrisabz, la città natale di Tamerlano , in cui lui fece edificare un imponente palazzo di cui sfortunatamente sono sopravvissute solo due torri e il portale. Poco lontano il complesso di Dar-al-Siyadah che comprende una moschea, il mausoleo del figlio di Tamerlano e quella che avrebbe dovuto essere la sua cripta, ma dove non fu mai deposto. Il tutto decorato in ceramiche smaltate blu e azzurre. Pare sia un luogo molto ambito per le foto di matrimonio e infatti ci sono alcune coppie di sposi in posa. Due di loro ci chiedono una foto insieme: è curioso pensare di finire in chissà quale album di matrimonio!

 Samarcanda

Percorrendo strade orribili arriviamo a Samarcanda e facciamo una prima sosta alla periferia per visitare il mausoleo di Khoja Doniyor, che raccoglie le spoglie del profeta Daniele. Il mausoleo contiene l’osso della gamba del santo che però la leggenda vuole si sia allungato nel tempo per cui oggi la stanza che lo contiene è lunga 32 metri. Si può credere veramente a tutto!

Samarcanda era situata al centro delle principali rotte commerciali asiatiche tra la Cina e l’Europa pertanto  fu parte del primo impero persiano , poi  fu sotto l’influenza araba , poi timuride, uzbeka e, in epoche più moderne, prima  sotto l’impero russo poi  parte dell’Unione Sovietica. Di questa ricca storia conserva molte tracce mescolate tra di loro e, nonostante si trovi in Uzbekistan, la maggior parte degli abitanti è di lingua tagica (un dialetto farsi).

Le principali attrazioni di Samarcanda, sono quelle che  risalgono al periodo di Tamerlano e  di suo nipote Ulughbek e si trovano nella parte vecchia della città . Cominciamo dalla piazza Registan dove si trova un complesso di madrase maestose ed imponenti.   La piazza è circondata ai tre lati dalle madrase con portali immensi piastrellati in ceramica azzurra e all’interno ogni cortile è più bello dell’altro fino alla splendida moschea d’oro. Una meraviglia!!

Poi ci rechiamo al complesso Shahi-Zinda, un complesso costituito da un santuario meta di pellegrinaggio circondato da una necropoli dove furono sepolte famiglie e favoriti della corte di Tamerlano e lo stesso nipote. Il complesso è immenso, ricco di mausolei decorati con mosaici e sovrastati da cupole azzurre.

Uscendo gironzoliamo nel bazar principale chiamato Bazar Siab, un  frenetico e vivace mercato agricolo di frutta e verdura ricchissimo e coloratissimo, ma anche  brulicante di vestiti, scialli, cappelli e turbanti di ogni gruppo etnico esistente nella regione. Vi si trovano bancarelle di ceramiche fatte a mano, di gioielli in metallo e argento, ricami, tessuti e tappeti decorati con il ricamo uzbeko anche molto colorato e con l’utilizzo di fili d’oro. La ricchezza della “via della seta” passa ancora di qua!

Concludiamo la nostra visita con uno dei gioielli di questa città: il mausoleo di Tamerlano, uno stupendo monumento sormontato da una splendida cupola azzurra.

Samarcanda è una città nobile, dove sono bellissimi giardini, e una pianura piena di tutti i frutti, che l’uomo può desiderare. Gli abitanti, parte son Cristian, e parte Saraceni, e sono sottoposti al dominio d’un nepote del Gran Can.” Marco Polo

Tashkent

Il nostro viaggio finisce nella capitale Tashkent, un tempo quarta città dell’Unione Sovietica per dimensioni. Qui  a causa del catastrofico terremoto del 1966 e della successiva ricostruzione sovietica, rimane ben poco dei 2.000 anni di storia della città. Sicuramente è la città forse più europea e proiettata verso la modernità con la grande  presenza di parchi e giardini, di bei viali e musei. Lasciamo così questo paese così legato al passato, di cui preserva tanta ricchezza ma che sta guardando al futuro con speranza.

Viaggi per rivivere il tuo passato? – era a questo punto la domanda del Kan, che poteva anche essere formulata cosi: – Viaggi per ritrovare il tuo futuro?
E la risposta di Marco: – L’altrove é uno specchio in negativo. Il viaggiatore riconosce il poco che è suo, scoprendo il molto che non ha avuto e non avrá.Italo Calvino, “Le città invisibili“

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