“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi” Marcel Proust

In uno dei primi articoli (https://extrawonders.it/2021/08/12/la-mia-cuba/) vi raccontavo dei miei viaggi a Cuba, isola con cui ho un legame particolare tanto da esserci tornata più volte. Ora, dopo questi ultimi anni di viaggi ridotti causa covid, abbiamo deciso di fare il nostro primo viaggio oltre oceano tornando proprio a Cuba per vedere cosa è cambiato in questi 15 anni.

Le notizie che ci sono arrivate in questo periodo dall’isola raccontano di molte criticità per cui abbiamo deciso di non muoverci in autonomia come le altre volte, ma di organizzare gli spostamenti e i pernottamenti prima di partire per evitare problemi.

 L’AVANA

Arriviamo a L’Avana e già, nel tragitto dall’aeroporto al centro della città, abbiamo qualche primo segnale della situazione. Lunghe file davanti ai distributori evidenziano uno dei problemi attuali dell’isola: la mancanza di carburante! L’autista ci spiega che è difficile trovare la benzina e soprattutto il diesel e a volte ci sono anche file di giorni ai distributori nell’attesa. 

Dopo esserci sistemati e fatto conoscenza con la proprietaria della casa particular che ci ospita facciamo un giro nelle strade dell’Habana Vieja tra le splendide case coloniali e quelle in stile neoclassico del periodo americano e le piazze spagnole  e cominciamo a notare che i negozi, davanti ai quali si formano lunghe code, sono praticamente vuoti. Ci raccontano che manca quasi tutto e quel poco che si riesce a recuperare spesso lo si trova al  mercato nero a costi insostenibili. Anche le farmacie, in questo paese che aveva una sanità pubblica d’eccellenza, sono vuote a causa della mancanza di materie prime per produrre i farmaci (le case farmaceutiche sono quasi tutte americane e quindi qui, a causa dell’embargo, non può essere importato nulla).

Mentre camminiamo affascinati come sempre dalle macchine anni ’50 a colori sgargianti, dai patii ombrosi e rigogliosi, dalle belle architetture dei palazzi restaurati alternate alle case fatiscenti, dalla musica che fa da sottofondo a tutto, veniamo fermati continuamente con la richiesta di cambiare euro. Non capiamo come sia possibile che ci propongano un cambio che è il quadruplo di quello ufficiale e ci vorrà quasi tutto il viaggio per capire qualcosa della strana situazione monetaria.

Ma forse la cosa che più salta all’occhio è la presenza dei telefonini e quindi del collegamento ad internet assolutamente impensabile quindici anni fa. Un cambiamento epocale in un paese dove i contatti con il mondo esterno erano difficoltosi e filtrati dallo stato. Ora il confronto con gli altri paesi, soprattutto per i giovani, è costante e questo rende ancora più difficile accettare la situazione in cui si vive.

Verso oriente

Abbiamo deciso un percorso che ci porterà ad oriente verso Santiago per cui dopo i primi giorni a L’Avana cominciamo a dirigerci verso est. Il primo tratto sull’autopista conferma ciò che avevamo già visto; lunghe code ai distributori soprattutto di camion perché la carenza maggiore è per il diesel. C’è molta gente in attesa di bus o passaggi che ora, rispetto a prima, sono aggravati dal problema carburante. Sono aumentati i carretti trainati da cavalli e i motocicli. L’autista si ferma ad un’area di servizio dove riesce a fare benzina e si raccomanda, se troviamo dell’acqua, di comprarla perchè proseguendo nel nostro percorso questo sarà un altro problema.  

Facciamo una sosta a Santa Clara per rendere omaggio al Che nel mausoleo dove riposa e, come sempre, ci emozioniamo un po’, probabilmente è il nostro animo rivoluzionario post-sessantottino che riemerge.

Arriviamo a Remedios, dove pernotteremo, verso le due del pomeriggio e ci sistemiamo nella bella casa coloniale di una signora molto simpatica. Usciamo per cercare di mettere qualcosa sotto i denti, impresa che si rivela molto difficoltosa. Ci sono due ristoranti sulla bella piazza, oggi piuttosto deserta, ma uno non ha più nulla e l’altro riesce a prepararci due panini e un po’ di succo di frutta.  I ristoranti statali sono aperti, i tavoli apparecchiati e ben preparati, ma non hanno nulla da servire! Facendo un giro per il paese che rimane carino e tranquillo e, assistendo la sera ad un concerto nella chiesa, ci rendiamo conto che siamo gli unici turisti.

L’ESODO

Parlando con chi ci ospita in casa o con gli autisti che ci portano da una città all’altra appare evidente che è in atto una sorta di esodo dall’isola. Non c’è persona con cui chiacchieriamo che non abbia un figlio, un fratello, un parente che nell’ultimo periodo è fuggito negli Stati Uniti. La partenza clandestina c’è sempre stata, ma sembra che ora sia massiccia e tutto sommato quasi accettata dal governo come se si volesse dare una valvola di sfogo ad una situazione ai limiti della sopportazione.

Naturalmente andare negli Stati Uniti direttamente non è possibile, per cui quasi tutti prendono un volo verso il Nicaragua, dove è permesso andare, e poi da lì si risale lungo le rotte dei clandestini fino al Messico e al confine. La differenza con gli altri clandestini sudamericani è che se un cubano riesce a passare la frontiera non viene rimandato indietro perché considerato rifugiato politico. Ma è triste vedere che è la gioventù formata e istruita, in pratica  il futuro di questo paese, che se ne va!

Baracoa

Il nostro viaggio prosegue e, dopo una giornata di mare in un Cayo e precisamente a Cayo Coco che raggiungiamo con lo splendido terrapleno,  ci porta a Baracoa dove ci sistemiamo nella casa di un medico e, con lui e la moglie che è infermiera, ci facciamo un’idea della situazione sanitaria. Non ci sono farmaci e materiale medico per cui non si riesce a fornire assistenza anche negli ospedali.

Quando arriviamo non c’è corrente elettrica e da qui in poi questo sarà un problema costante: viene tolta l’energia elettrica per cinque o sei ore, senza avvisare e senza dare informazioni sulla durata dell’interruzione. A volte di notte quando dormire senza ventilatori è veramente insopportabile!

Giriamo un po’ per la cittadina che come le altre è un po’ meno vivace e allegra di come la ricordavamo e incontriamo una famiglia di turisti in cerca di acqua da acquistare; pare che non ce ne sia in tutta la città.

Per fortuna la natura che la circonda è splendida e vale la pena starci qualche giorno per visitarne i dintorni, risalire i due fiumi che la delimitano, immergersi nella jungla, tra le piantagioni di banane, di cacao e di caffè e rilassarci sulle sue spiagge poco frequentate. 

Dopo tre giorni di immersione nella natura ripartiamo per raggiungere Santiago percorrendo la Farola, la bella strada panoramica che attraversa la sierra e ridiscende sul mare poco prima di Guantanamo. Da un mirador diamo un’occhiata alla base americana, una sorta di città con case, scuole, ospedali e centrale elettrica su suolo cubano dove i cubani non possono entrare. Lì sicuramente non manca nulla!

Santiago

Santiago, la seconda città di Cuba, ci accoglie con i suoi quartieri che scendono verso il mare, con le sue belle piazze circondate dai palazzi coloniali del potere spagnolo, ma con tutti i problemi delle altre città. La stanza dove alloggiamo non è molto ariosa e la mancanza di energia elettrica  è un vero problema soprattutto di notte.

Ma lo spirito dei cubani si rivela comunque quando, andando sul lungomare di Santiago una domenica pomeriggio, ci si trova immersi in un’aria di festa tra musica, famiglie, giochi e tanta allegria o quando in una piazza si assiste ad un’animata partita di domino .

“Ora non è tempo per pensare a ciò che non hai. Pensa a quello che puoi fare con quello che c’è.” da Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway

Trinidad

Una volta arrivati all’estremità orientale dell’isola cominciamo il viaggio che ci riavvicina a L’Avana. Ci fermiamo un giorno a Camaguey, la terza città dell’isola, una bella città con vie strette e serpeggianti, bianchi edifici coloniali con finestre protette da inferriate. Le sue belle piazze ombreggiate invitano a sedersi e godersi l’atmosfera della città. 

Poi raggiungiamo Trinidad dove trascorreremo gli ultimi quattro giorni. La cosa che si nota subito arrivando è la presenza di più turisti che nel resto dell’isola e di conseguenza un po’ più di locali, ristoranti e negozietti. Ci sistemiamo in una bella casa nel centro storico e usciamo per fare un giro.

La città, patrimonio dell’Unesco, è sicuramente una delle più belle di Cuba ed è diventata nel tempo anche la più turistica. Le sua strade in acciotolato, i campanili barocchi, le griglie di ferro battuto alle finestre sono cambiate poco nel tempo e quando si vedono passare carretti e cavalli sembra di tornare al periodo delle piantagioni di zucchero che le diedero la prosperità economica.

L’anima di Cuba

Ma questi ultimi giorni ci permettono anche di ritrovare l’anima di Cuba negli spettacoli di musica dal vivo che la sera animano ogni angolo della città. La musica è ovunque e non possiamo fare a meno di passare le nostre serate alla Casa della Trova ( della musica) sorseggiando mojito e guardando le persone che ballano con un ritmo che viene loro da dentro.

Nonostante tutte le criticità che vi ho descritto Cuba rimane un posto unico e i cubani un popolo fantastico. La loro umanità, la capacità di resistere e di arrangiarsi, l’autoironia e la voglia di scherzare, l’anima musicale e spirituale emerge nelle storie che ci raccontano e negli incontri fatti in questi giorni.

Quando un pescatore musicista ci racconta che aveva una chitarra migliore di quella che ha ora, ma l’ha scambiata con una scrofa che ora gli ha già fatto due maialini per cui è molto contento dell’affare o un tizio, a cui abbiamo dato un passaggio, che si rivela essere un musicista ferma l’auto in mezzo alla jungla, sveglia un altro che sta dormendo e ci fa uno spettacolo solo per noi sentiamo di essere in un posto magico. Ma questa è Cuba!!

Durante il viaggio ho riletto “Il vecchio e il mare” di Ernest Hemingway ; la narrazione della lotta del vecchio pescatore con il pesce, la sua lotta per la sopravvivenza, raccontano profondamente del carattere del popolo cubano e della sua capacità di resistere.

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