Il mio viaggio nelle terre del vudù (vaudou, voodoo, vodoun) prosegue con il Togo, un paese molto più povero del Ghana e con una situazione politica ancora in divenire dopo anni di dittature. E’ una ex colonia francese dove nonostante le influenze del cristianesimo e dell’islam, oltre la metà della popolazione segue le pratiche e  le credenze animistiche naturali.

Lomè

Attraversata la frontiera con il Ghana ci troviamo già nella periferia della capitale, Lomè, l’unica grande città del paese. Come tutte le città africane e non, la perifereria è un insieme di strade sterrate e baracche, ma poi a mano mano che ci avviciniamo al centro appaiono palazzi coloniali e moderni. Un bel lungomare costeggia la spiaggiona di sabbia dorata su cui si affacciano vecchi alberghi risalenti a quando il Togo, prima della dittatura, era una meta turistica.

Le Gran Marché

Una delle attrattive della città è il grande mercato, Grand Marchè, un enorme mercato nel centro della città vicino alla cattedrale. Come tutti i mercati africani è coloratissimo, rumorosissimo e caotico, ma, per me che adoro i mercati, veramente fantastico! Si vende di tutto, ma quello che salta all’occhio sono soprattutto i colori dei tessuti kente , il tessuto più conosciuto prodotto in Africa.

È costituito da strisce sottili intrecciate insieme su telai stretti a formare un tessuto che di solito viene indossato avvolto intorno alle spalle e alla vita come una toga. Le donnenormalmente indossano due lunghezze più corte per formare una gonna e una specie di corpetto. Ma i colori e disegni di questi tessuti hanno anche significati importanti legati al lutto, alla vecchiaia, all’amore (se volete saperne di più https://www.koraixkente.com/kente )

Il mercato è quasi tutto gestito da donne e la  maggior parte del commercio di questi tessuti è in mano alle Nana Benz,  famose imprenditrici del Togo. Nana sta per “madre” o “nonna” e “Benz” per la Mercedes Benz che amavano guidare agli inizi dei commerci negli anni ’70, quando sono salite alla ribalta dell’economia togolese. A loro è stato attribuito il merito di avere portato Lomè al centro del commercio dei tessuti.

Mercato dei feticci

Ma c’è un mercato sicuramente più insolito a Lomè ed è quello dei feticci, uno dei più grandi e più importanti in Africa Occidentale. Qui si può trovare tutto ciò che serve per i riti vudù e per confezionare amuleti e feticci, anche con l‘aiuto di un “feticheur “, un sacerdote santone che generalmente ha la sua bottega dietro le bancarelle. L’impatto con il mercato è un po’ inquietante; sulle bancarelle sono esposte teste essiccate di coccodrilli, cani, gatti, scimmie, cobra, civette, avvoltoi, pappagalli e altri uccelli, corna di antilope o cervo, ossa e pelli varie. Tutto ciò che serve per confezionare feticci, amuleti o per preparare medicine curative tradizionali.

Vi sono anche tantissime statuette ricoperte di chiodi e altri oggetti portafortuna che, a secondo della forma, servono a risolvere i problemi della vita quotidiana. Se si vuole però che questi oggetti comuni acquistino potere e si trasformino in feticci, è necessario che vengano benedetti da un “feticheur”. Entriamo nella bottega di uno di questi santoni che ci mostra una serie di amuleti e feticci e ci spiega a cosa servono.

Ancora una volta capiamo che il vudù non è magia nera come si è voluto spesso far credere, ma un insieme di  medicina tradizionale e richiesta di protezione agli antenati. Il vudù infatti non può essere usato per fare del male, ma permette solo fini positivi; chi avesse intenzioni malvagie sa che il male gli si torcerà contro. È una religione molto semplice: si chiede la salute per  sè  e per la famiglia, si chiede giustizia per uno sgarbo ricevuto, se si spera di avere una buona pesca si pianta un legno su un mucchietto di terra e si attende.

Se volete saperne di più di questa religione vi consiglio questo articolo breve ma esaustivo http://www.shan-newspaper.com/web/indigenous-peoples/1958-il-pantheon-voodoo-in-africa.html

Acquistiamo un feticcio che il santone ci assicura  proteggerà la nostra casa. Non si sa mai!!

Il rito vudù

Dopo aver visto il mercato dei feticci siamo ancora più curiosi di vedere uno di questi riti e quindi accogliamo con entusiasmo la notizia che la guida è riuscita a concordare con il capo di un villaggio vicino di farci assistere ad una cerimonia. Usciamo dalla città e dopo pochi chilometri di strada sterrata arriviamo sulle rive di un fiume dove saliamo su una piroga che ci porterà al villaggio. Dopo una ventina di minuti scendiamo dalla piroga e percorriamo a piedi circa un km di terra rossa.

Man mano ci avviciniamo al villaggio già si sente il suono dei tamburi. Entriamo nel cortile dell’abitazione da cui arriva la musica e troviamo già parecchie persone che danzano. Ci accolgono con calore e ci fanno accomodare su una panca mentre al centro del cortile il ritmo catatonico dei tamburi comincia a fare andare in trance alcuni danzatori. Ci spiegano che gli spiriti s’impossessano delle persone che danzano  facendoli cadere in trance perché così lo spirito vudù si sostituisce temporaneamente  allo spirito dell’uomo e può dare consigli, profezie o punizioni.  Alcuni sono dipinti di giallo per allontanare gli spiriti negativi.

L’atmosfera è strana e assolutamente incredibile. Dal gruppo ogni tanto una persona si lancia a danzare da sola in mezzo al cortile e poi entra in trance, qualcuno sviene e viene sostenuto a braccia . C’è un capo che dirige la cerimonia, vestito di rosso, con accanto feticci e simboli vudù. Ma non c’è paura, l’atmosfera è allegra, la gente applaude, ride, batte il tempo con le mani. È una festa, ci spiegano, per ringraziare gli spiriti di avere salvato un componente della famiglia da un incendio dovuto ad un incidente in auto.

La cosa comincia a diventare inquietante quando uno dei danzatori comincia a cospargersi di olio bollente prelevato da un pentolone che ha tenuto sul fuoco fino a quel momento. È incomprensibile come riesca a spalmarselo addosso senza ustionarsi e nonostante lo veda con i miei occhi non riesco a crederci!! Restiamo più di un’ora ad osservare un po’ perplessi e un po’ affascinati ogni cosa; poi salutiamo il capo e tutti gli altri portando con noi immagini, suoni ed emozioni incredibili

NEL NORD DEL PAESE

I villaggi fortificati

Rispetto al Ghana le infrastrutture del Togo sono veramente un disastro, le strade sono scassate e lunghi tratti sono sterrati. La parte più a nord del paese al confine con il Benin però raccoglie una delle architetture più singolari ed interessanti di tutto il continente africano.

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Come altre  minoranze etniche del Benin, del Mali e del Burkina Faso, l’etnia dei Tamberma del Togo vive in case fortificate che sembrano castelli  in miniatura  costruiti quasi interamente con argilla, paglia e legno. L’origine di queste costruzioni risale al XVII secolo per difendersi dai soldati dei re delle altre tribù, che rastrellavano schiavi da vendere agli occidentali o da barattare con merci non disponibili in Africa.

Il paesaggio è incredibile, tra campi secchi e aridi emergono queste strane costruzioni. Sono formate da un piano terra usato per gli animali e la cucina e una terrazza sopra  con granai e camere. Ci fermiamo per visitarne uno. Veniamo subito attorniati da una piccola folla di bambini che ci guardano incuriositi. Fuori dalla porta d’ingresso numerosi feticci a protezione della casa e di augurio per la caccia. Ci mostrano volentieri le loro cose, la terrazza e le camere dove dormono che hanno ingressi così piccoli da doverci entrare strisciando.

VERSO SUD

Proseguendo verso sud il paesaggio continua ad essere una pianura arida e secca dove svettano enormi baobab e castelli fortificati. La strada è sempre peggio  fino ad un tratto di strada asfaltata quasi perfetta che conduce ad un albergo nuovissimo che sembra una cattedrale nel deserto. Ci spiegano che l’ha fatto costruire un ministro che è di queste zone forse per dimostrare il suo potere, ma è clamorosamente in perdita perché qui non c’è transito di turisti. Tutto il mondo è paese!! Subito dopo l’albergo la strada riprende come prima anzi se possibile peggiora fino ad arrivare un po’ shekerati a Sokodè, una cittadina non molto grande, ma abbastanza caotica.

La danza del fuoco

Qui aspettiamo il buio per recarci in un villaggio vicino dove ci sarà una danza del fuoco una danza tradizionale tra le più suggestive che viene praticata dai Kotokoli che costituiscono uno dei gruppi etnici togolesi più importanti. Quando arriviamo al villaggio c’è già molta gente attorno ad una piazza dove al centro arde un grande fuoco. Anche qui il suono dei tamburi cadenza le danze e le esibizioni che iniziano poco dopo.

I danzatori in stato di trance si lanciano nelle braci, le prendono in mano, le mettono in bocca fin quasi ad inghiottirle, se le passano ovunque sul corpo senza riportare alcuna bruciatura né dare segno di dolore. Questo ballo rituale ha lo scopo di scacciare gli spiriti maligni proteggendo così tutto il villaggio. Rimaniamo a guardarli a bocca aperta mentre masticano tizzoni ardenti, camminano nelle fiamme senza nessun segno di dolore o di ustione sul corpo.

Coraggio? Autosuggestione? Magia? Non so e non riesco di certo a spiegare razionalmente quello che vedo, forse sono veramente i loro feticci a proteggerli?

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