E’ passato un po’ di tempo da quando sono volata in Baja California, una lingua di terra messicana tra il mare di Cortez e l’Oceano Pacifico,  ma se penso all’estate quello è il viaggio che me la ricorda di più.  Un sole cocente, spiagge bianche e tanto tanto mare azzurro e caldissimo.

La Paz

Atterriamo  nel capoluogo della regione, La Paz, e sul lungomare della città noleggiamo una macchina dopo aver girato un paio di agenzie e affrontato  po’ di trattative che ci permettono di averne una a un prezzo ragionevole. Ci rendiamo subito  conto di essere si in Messico, ma anche con un piede negli Stati Uniti. Preso possesso del veicolo partiamo per un giro nelle spiagge dei dintorni della città. C’è un caldo incredibile e una luce abbagliante che quasi non si sopporta. La costa fuori dalla città è molto bella, alta e frastagliata con incredibili scorci mozzafiato su un mare di colore intensissimo. L’interno è invece un susseguirsi di colline cosparse di cactus e poi ogni tanto una spiaggia bianchissima e praticamente deserta. 

Ci fermiamo un po’ a Baia Balandra, un’insenatura di acqua azzurrissima e poi alla spiaggia di El Tecolote dove trascorriamo il pomeriggio e organizziamo un’escursione per domani all’isola Espiritu Santu. Dovremmo partire alle nove di mattina, ma non abbiamo tenuto conto della proverbiale lentezza dei messicani che non si presentano prima delle dieci stupiti della nostra impazienza.

Con la barca puntiamo dritti alle isole e cominciamo a  girare attorno alla prima che incontriamo ammirandone il paesaggio brullo di rocce a picco sul mare e i branchi di delfini che ci girano intorno. Su una delle isole del  gruppo  staziona una colonia di leoni marini, li vediamo  sdraiati sulle rocce o a mollo nell’acqua. Ci permettiamo un po’ di snorkelling lì attorno e poi torniamo indietro e sulla via del ritorno ci aspetta un’altra sorpresa: incrociamo  un gruppo di balene pilota! Una meraviglia!

“E anche se non so spiegare il perché di questo stato d’animo che sfiora la commozione e mi stropiccia il cuore, credo proprio che loro lo sappiano. Sì, le balene lo sanno.” da “Le Balene lo sanno” di Pino Cacucci

San Juan  de Los Cabos

Lasciamo La Paz per dirigerci verso sud. La strada attraversa una zona montuosa con continue salite e discese. La vegetazione, cactus e cespugli, si fa più o meno fitta lasciando il posto ogni tanto a letti di fiumi secchi. Facciamo base nella cittadina di San Juan e poi esploriamo i dintorni. Ci fermiamo a Playa Santa Maria che dicono essere la più bella dei dintorni e devo dire che, dopo averla vista, concordiamo. Il sole è addirittura ustionante e il cielo di un azzurro così intenso da non sembrare vero. La baia è circondata da rocce rosa e il mare è meraviglioso. 

Scendendo più giù arriviamo a Cabos San Lucas, Cabo per gli americani, alla punta della penisola, una delle zone più turistiche della regione. Troviamo una barca che ci porti a Baja dell’Amor che si raggiunge solo via mare.  La barca costeggia gli scogli a picco fino ad un arco naturale  dove c’è la spiaggia e ci “deposita” a terra.

“Deposita è il termine giusto perché scendere dalla barca con il mare piuttosto agitato non è semplice e io precipito poco elegantemente sulla sabbia! Però ne valeva la pena: la spiaggia si trova tra due rocce e si apre da un lato sul Mar di Cortez e dall’altro sull’Oceano dove alte onde si infrangono con una potenza incredibile. Rimaniamo un paio d’ore sulla spiaggia affascinati da un gruppo di surfisti che si lanciano temerariamente tra le onde.

Todos Santos

La tappa successiva è sulla costa del Pacifico e precisamente Todos Santos  che raggiungiamo percorrendo una strada che si snoda tra cactus enormi e cespugli in un paesaggio piuttosto brullo. Ogni tanto scorci di mare mosso e ondoso.  Arrivati alla cittadina, presi da un po’ di  nostalgia degli anni ’60, cerchiamo alloggio nel mitico Hotel California (per i più giovani quello di un brano reso popolare grazie al gruppo degli Eagles https://www.youtube.com/watch?v=PTGxC4lxDjw ). L’hotel ha mantenuto il fascino di quegli anni sia nell’arredamento che nella musica ( inutile dire che il brano omonimo è ripetuto fa da sottofondo quasi costante) e ci riporta un po’ indietro nel tempo.

La cittadina forse per Il clima mite, l’accogliente popolazione e la sua vocazione culturale, è diventata  la meta preferita di importanti personalità del mondo dell’arte e della cultura, in particolare dai musicisti e dagli artisti americani che hanno deciso di trasferirsi qui per vivere in pace e relax. Per questo è ricca di gallerie d’arte ma anche di coloratissimi negozi di artigianato locale.

La spiaggia più vicina è la Playa El Pescadero , una spiaggia enorme di sabbia scura su cui si infrangono senza tregua enormi onde. Lo spettacolo dell’Oceano è sempre stupefacente : da un lato incute quasi paura per la potenza che sprigiona, ma dall’altro affascina per la sua vitalità ed energia. La spiaggia è naturalmente meta di surfisti che si ritrovano qui con le loro tavole per cavalcare le onde.

Loreto

Lasciato Todos Santos e le sue atmosfere da figli dei fiori saliamo verso nord. La strada appena fuori città diventa diritta tra deserti di cactus enormi.

Il deserto è vivo, pulsante, percorso da fremiti impercettibili. Ma non ha suoni, né odori, né sapori. Tutto è apparentemente immobile, da millenni, sotto questo sole perpendicolare e calcinante.” Pino Cacucci

Proseguiamo per circa 200 km senza trovare un centro abitato. Ma la cosa più preoccupante è che non c’è neppure una pompa di benzina e noi siamo quasi a secco. Ci fermiamo lungo la strada dove incontriamo un gruppo di casupole che non potrei definire paese  e chiediamo informazioni. Ci dicono che il prossimo distributore è a 50 km, ma che loro ce ne possono vendere un po’ di contrabbando. Che problema c’è!?! Così facciamo rifornimento con tanica e tubo e riprendiamo la strada. Dopo Ciudad Constitution, dove incontriamo il vero distributore, la strada diventa un serpente tra canyon e montagne fino a quando ad un tratto ricompare il mare, il mare di Cortez, e la cittadina di Loreto.

Loreto fu il primo insediamento coloniale degli spagnoli in Bassa California e la sua origine si deve ai missionari gesuiti nel XII secolo. Il suo centro storico è caratterizzato da architetture spagnoleggianti tra cui la Missione Nuestra Señora de Loreto la prima fondata nella penisola, perché proprio da qui partì la predicazione dei padri gesuiti nelle due Californie .

Da Loreto partiamo per una visita di una giornata nell’interno della penisola verso la missione di Saint Javier che si trova a una trentina di km. Ci hanno detto che la strada è sterrata e difficoltosa e infatti, dopo poco, comincia ad inerpicarsi tra montagne sassose  e deserto . La vegetazione è costituita quasi esclusivamente da cactus e cespugli secchi. Ci vuole circa un’ora e mezza  per arrivare alla missione che è anche il centro attorno a cui si è creato un villaggio molto carino. Fondata dai gesuiti spagnoli nel 1740 è ancora molto bella. Il caldo è soffocante e così, dopo averla visitata, ci riposiamo all’ombra  dei pochi alberi esistenti prima di affrontare di nuovo la strada sterrata.

Baja Conception

Continuiamo a salire verso nord percorrendo un centinaio di chilometri tra montagne e cactus in un territorio sempre più arido e deserto. Poi ad un tratto sbucando da una curva ci troviamo di fronte Baja Conception e la sua acqua di un colore blu intenso. Lo spettacolo è mozzafiato, un mare blu cobalto costellato di rocce e isolotti.

Ci fermiamo in una delle spiagge più belle, Playa El Requeson, bellissima, di sabbia bianca, quasi caraibica. Trascorriamo il pomeriggio tra questa e Playa Coyote fino a quando non siamo belli rosolati, poi raggiungiamo la cittadina di Mulegè dove ci sistemiamo in un hotel un po’ fatiscente, ma pulito. Più saliamo a nord e meno turisti ci sono per cui anche le strutture lasciano un po’ a desiderare. Anche questa cittadina conserva tracce del periodo spagnolo e una zona verdeggiante di palme attorno ad un corso d’acqua. Una vera oasi nel deserto.

Il  giorno successivo lo trascorriamo tra le varie spiagge di Baja Coception, quelle viste ieri e Playa Santipec, una bella spiaggia in una caletta riparata. Ci sono solo alcuni messicani che campeggiano lì e che prontamente ci offrono da bere. Per il messicano andare al mare significa portarsi un enorme frigo con tutte le birre che può trasportare e la loro giornata marina classica consiste nello starsene seduti (qualcuno proprio con la sedia!) nell’acqua a bere una birra dietro l’altra.  Trascorriamo il tempo chiacchierando con loro e rifiutando gran parte delle birre che ci vogliono far bere.

Da Mulegè a Santa Rosalia

Partiamo da Mulegè pensando di cercare alloggio a punta Chivado che secondo la guida è bellissima e che si raggiunge con una strada sterrata di 18 km che si rivela pessima. Per di più quando arriviamo scopriamo che ci sono solo ricche abitazioni di americani e un solo albergo costosissimo. Proveremo da un’altra parte, per ora diamo un’occhiata alle spiagge che si rivelano come sempre deserte e bellissime. Questa è un lembo di rena bianca nel mare azzurrissimo abitata solo da gabbiani, pellicani e qualche altro uccello. Sembra di essere fuori dal mondo!

Scambiamo quattro chiacchiere con l’unico essere umano che incontriamo, un pescatore, e  ci godiamo il mare fino a sera. Poi ripercorrendo la pessima strada e ci riportiamo sulla strada principale raggiungendo  Santa Rosalia dove troviamo alloggio.  La cittadina fino a una cinquantina di anni fa era un importante centro per l’estrazione del rame sfruttato da una compagnia francese, per questo l’architettura è un misto di architetture francesi e spagnole.  Gli impianti industriali si trovavano proprio nel centro della città e non sono mai stati smantellati.  C’è persino una chiesa prefabbricata in ferro costruita da Eiffel e un forno che sforna baguette!.

Verso Baja Los Angeles

Continuiamo il nostro viaggio verso nord per raggiungere Baja Los Angeles Il percorso è abbastanza lungo e quindi facciamo una sosta alla Missione di Santo Ignazio, una delle più belle della penisola immersa in un bel palmeto. La strada ora attraversa il deserto e per più di 100 km non c’è nulla se non deserto e cactus. Superato Guerrero Negro c’è addirittura una specie di confine tra il nord e il sud della penisola dove ci controllano i passaporti e i visti e dove si deve spostare l’orologio di un’ora indietro. La strada prosegue in un deserto sempre più arido; ora sono spariti anche i cactus!

Poi imbocchiamo la deviazione che ci porterà alla baia. La settantina di km che percorriamo per arrivarci corrono in un paesaggio affascinante: grandi cactus, gigantesche agavi in fiore, palme bassissime e altre strane piante del deserto . E poi la strada si apre sulla splendida Baja Los Angeles. Cerchiamo alloggio e ci organizziamo un’uscita in barca per domani per vedere meglio le coste e le cale che la costellano.

Saliamo in barca in una giornata luminosissima  e partiamo alla volta della baia che nasconde mille angoli deliziosi, calette nascoste e un mare blu intenso. Dopo poco, non lontano dalla riva, avvistiamo uno squalo balena: è veramente enorme, di colore grigio chiaro  con delle macchie sul dorso.  E’ proprio a fianco della barca e il nostro accompagnatore ci convince a buttarci e nuotare vicino perché non è pericoloso.  Beh in effetti non si scompone quasi annoiato della nostra presenza. Ripartiamo e incrociamo un branco di balene pilota che se ne vanno velocemente. Affascinanti questi incontri improvvisi con la natura! Navighiamo piano, giriamo attorno ad alcuni isolotti, avvistiamo anche dei leoni marini e poi ci fermiamo in una caletta deserta e tranquilla dove ci polleggiamo per un po’ mentre il nostro marinaio fa una bella siesta come si confà ad un vero messicano.

Ci siamo solo noi tra cielo, sole e mare, siamo letteralmente immersi nella natura che restiamo ad ascoltare in religioso silenzio.

Guerrero Negro

Lasciata la Baia ripartiamo per tornare sui nostri passi, proseguire verso nord sarebbe solo faticoso e anche un po’ pericoloso. Da qui c’è solo deserto fino a Tijuana, al confine con gli Stati Uniti, e le strade non sono sicure. Riscendiamo quindi lungo la penisola e facciamo tappa a Guerrero Negro per dare un’occhiata alla grande laguna ora poco frequentata, ma in inverno meta di flotte di turisti per l’avvistamento delle balene. A parte questo la cittadina è piuttosto squallida e l’hotel che troviamo lascia molto a desiderare. Ma visto che siamo qui almeno per oggi decidiamo di andare a visitare la laguna per la quale scopriamo ci vuole un permesso perché per raggiungerla si deve attraversare la salina ancora funzionante.

Con il permesso in mano attraversiamo la più grande salina del mondo! Uno spettacolo incredibile: distese di bianco che si colorano di sfumature rosa su cui volano stormi di uccelli. Proseguendo arriviamo alla laguna che è deserta, ma veramente spettacolare. Ci siamo solo noi in questo paesaggio fatto di rive verdi sull’acqua azzurra, stormi di uccelli che si alzano in volo appena arriviamo. Giriamo un po’ in macchina e un po’ a piedi godendoci l’atmosfera di questo pezzo di mondo dove sembra che l’uomo non abbia modificato nulla.

La Paz

Torniamo a la Paz per  gli ultimi due giorni he ci restano. La Paz è contraddistinta dalla quiete e dalla calma come tutto il resto della penisola e forse anche per questo con il passare del tempo è diventata una destinazione ambita per iniziare una nuova vita. L’ospitalità e il calore della sua gente la rendono un luogo confortevole e tranquillo. Però all’inizio del Malecón, il lungomare, c’è un arco con la scritta «Benvenuti a la Paz, il porto delle illusioni», un messaggio che sembra un monito a chi prende alla leggera una migrazione da queste parti.

Facciamo  qualche altra escursione nelle spiagge attorno e l’ultimo giorno, domenica, torniamo alla spiaggia di  El Teocolote e così ci rendiamo conto di cosa sia una spiaggia affollata di messicani!

Il casino è assicurato! Famiglie con frigo enormi pieni di birre, musiche con bande di mariachi, carrettini che vendono ogni ben di dio e file di ombrelloni che fanno invidia alle nostre spiagge dell’Adriatico. Questo passaggio brusco dalle spiagge deserte al casino ci servirà per riabituarci al rientro a casa! Chiacchieriamo e facciamo amicizia con alcuni messicani che naturalmente ci offrono birre ghiacciate e ci divertiamo a guardarli stare seduti per ore con le sedie nell’acqua a bere e chiacchierare.

Nel tardo pomeriggio le birre ingurgitate cominciano a fare effetto e il tono delle voci si alza così come i canti corali e le musiche dei mariachi.

Così salutiamo questa terra di gente accogliente un po’ a cavallo tra il Messico e gli Stati Uniti, ricca di storia e di bellezze naturali incredibili.

Come avrete già capito la lettura che mi ha accompagnato in questo viaggio è stata “Le balene lo sanno” di Pino Cacucci . E’ un diario di viaggio lungo la penisola ricco di atmosfere e di racconti perchè il viaggio, come dichiara l’autore stesso, è “tutto ciò che separa due punti, non trae un senso dalla meta finale ma da ciò che incontri lungo il cammino”. Ma è anche un omaggio alle balene che qui tra gennaio e marzo si riuniscono a migliaia, esseri non-violenti per eccellenza come sostiene l’autore in grado di distinguere tra il bene e il male, esempio commovente di giustizia e pace.

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9 thoughts on “Baja California ….sole, mare e deserto!”

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