Il panorama italiano del videogioco ha molto da dire e lavora intensamente per realizzare prodotti di grande livello. Abbiamo scambiato due chiacchiere con Giulia Carlotta Zamboni, Producer di Gamera Interactive, casa di produzione totalmente italiana che ha pubblicato il suo sedicesimo titolo, Alaloth: Champions of the Four Kingdoms proprio nel mese di giugno 2022.
Abbiamo parlato dello sviluppo del gioco, del suo lavoro e delle difficoltà di un campo lavorativo ancora fin troppo declinato al maschile ma anche di sogni e progetti per il futuro.

Sei Producer di Gamera Interactive: ti va di raccontarci in cosa consiste il tuo lavoro?

Mi occupo della pianificazione del lavoro del team, a livello macro e fino ad un certo livello di dettaglio, seguendone poi lo svolgimento e i progressi nel day by day, assicurandomi che tutti abbiano le informazioni necessarie a procedere con i task, e cercando di offrire soluzioni e risposte anche quando non sono immediatamente disponibili o si profilano problemi all’orizzonte. Sono sempre in contatto con il resto del management, il game director, tutti i dipartimenti interni, eventuali outsourcer esterni, con publisher, platform holder e con tutti gli interlocutori che di volta in volta possono dover essere coinvolti.

Sei stata una videogiocatrice da bambina? Com’è nata l’idea di trasformare una passione in un lavoro?

Da piccola mi è sempre piaciuto giocare, da Incoming e Croc (giochi PC vecchissimi) a Crash Bandicoot e GTA, spaziando sempre molto tra i generi. L’altra mia grande passione è sempre stata la Criminologia, non per niente uno dei miei primi lavori è stato come investigatore privato in un’agenzia della mia città. Il passaggio giurisprudenza/investigazione -> videogiochi non sembra molto automatico, ed infatti è accaduto un po’ per caso. Nel 2013 ho conosciuto Alberto Belli, che all’epoca stava fondando Storm in a Teacup insieme ad altri veterani dell’industria, stavano creando un nuovo team da zero e lui credeva molto nella necessità di un Producer anche in un team neonato…la mia passione per la pianificazione (più una vocazione, dovrei dire…), già sfruttata in altri ambiti lavorativi, e quella per i videogiochi hanno quindi avuto la possibilità di unirsi e di lì a poco, dopo aver conosciuto gli altri soci dello studio, ho iniziato la mia carriera come Game Producer.

Quale percorso hai seguito per arrivare dove sei ora?

Credo di averlo più o meno descritto rispondendo alla domanda precedente, certo è che la forma
mentis
rafforzata studiando Giurisprudenza e la mia passione per l’organizzazione e la precisione sono stati sicuramente aspetti fondamentali per intraprendere questo lavoro, cui avrei altrimenti dovuto sopperire in qualche modo. Lo studio poi è stato necessario, naturalmente, aiutato dalla pratica che ha sempre un valore inestimabile.

Ti muovi in un mondo lavorativo che, in Italia, viene purtroppo ancora percepito come prettamente maschile: ti è capitato o ti capita di incontrare pregiudizi di genere?

Purtroppo sì, praticamente sempre e non solo in Italia per la verità. Ricordo un meeting durante una fiera estera di qualche anno fa, dove il mio interlocutore, uomo, ha praticamente interagito esclusivamente con il mio collega, uomo, come io fossi una sorta di valletta e non l’unica persona in grado fornire determinati dati. E invece, pensa un po’. Non capita ad ogni occasione, ed è certo che l’esperienza aiuta anche in questo, ma diciamo che c’è ancora parecchio lavoro da fare…

E dal punto di vista dei giocatori? In base a quanto hai potuto percepire nel nostro Paese il videogioco viene ancora considerato “roba da maschi” o sono stati fatti dei passi avanti in questo senso?

I passi avanti sono stati fatti e si stanno facendo, ma sono sempre piccoli ed estremamente lenti, talvolta supportati in un modo secondo me sbagliato, che enfatizza lo sforzo positivo talmente tanto da far quasi da cassa di risonanza al problema anziché alla soluzione o all’iniziativa, ghettizzando ancor di più la minoranza in oggetto (poiché non c’è solo quella femminile, ahimè).

A giugno 2022 è uscito Alaloth: Champions of the Four Kingdoms, il nuovo videogioco sviluppato da Gamera: ti va di raccontarci qualcosa su questo titolo?

Alaloth è il nostro quarto titolo se calcoliamo unicamente i progetti sviluppati in house (segue infatti a Unit 4, Fearful Symmetry & The Cursed Prince e Midnight Caravan) e il…sedicesimo se consideriamo anche tutti i titoli third parties che pubblichiamo con la nostra label di publishing e col programma ReLaunch.
Alaloth è un RPG fantasy, che vuole porsi a metà tra il classico e l’action, offrendo sia un mondo molto vasto, una lore ricca e grande possibilità di esplorazione, sia un combat divertente ma anche punitivo, che richiede strategia e concentrazione. Vogliamo che i giocatori che non amano leggere lo facciano un po’ più del solito, mentre chi tende ad evitare il combat duro e puro sia portato comunque a “menare le mani”: cerchiamo di far uscire il giocatore dalla propria comfort zone e di regalare un’esperienza piacevole ad un target ampio e diversificato.  Sono moltissimi i giochi cult che sono serviti da ispirazione, primo fra tutti Moonstone, vecchio gioco Amiga da cui possiamo dire sia partita proprio l’idea originale, per non parlare di Pillars of Eternity, Baldur’s Gate, Mount&Blade, Divinity Original Sin, e molti altri. La ricezione da parte dei giocatori ci sta rendendo molto orgogliosi, perché non era per nulla facile perseguire l’obiettivo di creare qualcosa di “nuovo” all’interno di un macro-genere così vasto ma leggere commenti come “ it’s like Baldur’s Gate and Dark Souls had a baby” ci fa capire che la nostra idea è stata compresa e che il risultato è davvero molto vicino a quello che avevamo in mente. Restano del balancing e del polishing da finalizzare, ma non abbiamo mai smesso di lavorare, come testimoniano le 7 patch in meno di 3 settimane.

Com’è stato il percorso produttivo di Alaloth e come lo hai vissuto?

Il percorso di Alaloth è stato parecchio tortuoso, e possiamo dire che lo sviluppo vero e proprio è cominciato ad inizio 2021. Si è trattato di un periodo veramente intenso, abbiamo dovuto affrontare molte difficoltà inaspettate, alcune delle quali mi sento di dire impossibili da prevedere, nel mio caso anche familiari, e per uno studio indipendente e relativamente piccolo è difficilissimo sopravvivere ad eventi del genere e riuscire a realizzare comunque tutto quello che era stato accuratamente pianificato. Ci sono stati momenti davvero tosti, situazioni che sembravano irrisolvibili, oltre ad alcune persone che anziché supportare il progetto hanno cercato in tutti i modi di danneggiarlo; ma sapevamo quello che stavamo facendo e ci abbiamo sempre creduto. Alla fine, siamo ancora qui, tutto il mondo sta giocando Alaloth e lo sta apprezzando esattamente per come lo avevamo immaginato, è una grande soddisfazione.

Ti occupi anche di formazione con Gamera Gameslab. Cosa puoi dirci di questo progetto?

Gamera Gameslab nasce come label per la formazione in ambito videogiochi, da parte di chi fa videogiochi. Nel nostro settore, come in molti altri, è imprescindibile l’esperienza sul campo, non solo per imparare ma ancor di più per poter insegnare e trasmettere agli studenti concetti e principi che vengono proprio dal day by day, preparandoli ad essere job ready fin da subito e capaci di adattarsi ed inserirsi in un workflow reale. Con Gameslab abbiamo un corso di Produzione, che è stato il primo di questo tipo a nascere in Italia, un corso di Design, ed altri corsi minori, focalizzati su argomenti estremamente specifici e verticali. La maggior parte dei miei studenti di Produzione ha trovato lavoro in questo ambito o ha fatto un salto di carriera proprio grazie al corso di Gameslab. Io poi sono di natura una persona molto pratica e credo che le situazioni reali con cui dovrai confrontarti davvero siano quelle più utili da utilizzare come case studies, perché la verità è che non è sempre tutto rose e fiori e il problem solving non sempre è genetico  ;).

Sei anche una delle ambasciatrici del progetto Women in Games, che supporta le giovani donne nel mondo del Gaming e dell’Esport: cosa puoi raccontarci in merito a questa esperienza?

Sono diventata WIGJ Ambassador nel 2019, mentre davo una mano per far nascere il chapter italiano dell’associazione. Come Ambassador mi occupo di divulgare il verbo, per così dire, cercando per quanto possibile di far entrare in contatto con l’associazione tutti coloro (non solo donne!) che possono beneficiarne e trovare una guida e un supporto in essa,  e promuovendo i principi di inclusività e di parità alla base di una cultura lavorativa e professionale sana. Il network internazionale è molto vasto, ne fanno parte tantissimi professionisti di tutto il mondo, dagli studenti ai CEO di grandi studi e aziende, ed anche qui, non solo donne.

Cosa consiglieresti ad una ragazza che sogna di lavorare nel mondo dei videogiochi oggi?

Di non farsi scoraggiare da niente e da nessuno, di studiare, perché quello è fondamentale sempre e comunque e sapere il fatto proprio aiuta ad essere più confidenti, a maggior ragione visti i pregiudizi esistenti. In più, cercare di costruirsi una buona rete di contatti, non cercando solamente chi è in una situazione simile alla tua, ma soprattutto usando tutte le risorse oggi a nostra disposizione (Google, Linkedin, ecc…) per cercare consigli e supporto da parte di chi ha già una certa esperienza, che può davvero essere illuminante ed incoraggiante. I social, soprattutto Discord ultimamente, sono un ottimo luogo dove trovare associazioni e gruppi di professionisti (taratevi sul mondo e quindi sull’internazionale, non unicamente sul locale) dai curricula invidiabili e soprattutto documentabili, che sono spesso molto disponibili e possono fornire un punto di vista prezioso. WIGJ, Diversity Champions, per fare alcuni esempi che conosco in prima persona, facendone parte.

The Next Step: il prossimo passo sarà?

Onestamente spero almeno una settimana di relax totale…scherzi a parte, sicuramente portare Alaloth al massimo livello per la release finale, e nel frattempo pianificare al meglio il progetto successivo, imparando sempre dall’esperienza accumulata per migliorare ogni volta.

Noi di ExtraWonder siamo un po’ sognatrici…un desiderio/sogno per il futuro?

La settimana di relax l’ho già citata, vero? Essendo una persona molto ambiziosa, il mio desiderio è di poter crescere e realizzare progetti sempre più complessi e qualitativamente migliori, cercando di rendere il lavoro il più semplice e divertente possibile per tutti.

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5 thoughts on “Giulia Carlotta Zamboni – Quando i videogames sono un gioco da ragazze”

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