Spazio a misura di donna: città più verdi, sicure, pedonalizzate. Progettate dalle donne per le donne e non solo.

Le nostre città così tecnologiche, futuristiche, giustamente attente alla salvaguardia delle bellezze storiche ed architettoniche, spesso non sono rispettose delle esigenze femminili, dei bisogni di anziani, bambini, persone con disabilità e caregiver.

A volte utilizzare un ascensore, camminare su un marciapiede con una carrozzina per una persona disabile o un passeggino per una mamma, attraversare un parco di sera può rivelarsi un’impresa impossibile o caldamente sconsigliata.

Le nostre città, disegnate dagli uomini per gli uomini, hanno bisogno di maggiore integrazione e sensibilità per il futuro per progettare e realizzare degli spazi più umani.

Anche la Banca Mondiale ha elaborato delle linee guida per l’inclusività di genere nella pianificazione urbana per promuovere e sviluppare l’attenzione alle diverse necessità delle persone considerando genere, etnia e bisogni personali.

Questo manuale si focalizza su sei differenti macro aree, importanti per la loro criticità e pericolosità: accesso e fruizione, mobilità, sicurezza e libertà dalla violenza, salute ed igiene, resilienza climatica e sicurezza del possesso (intesa come possibilità di sviluppo economico).

Per fare questo, occorre cambiare punto di vista e dare spazio alle donne: dare spazio alle architette presenti che spesso vengono bistrattate dai colleghi uomini e dare spazio alle persone ascoltando i loro veri bisogni e desideri, lontani spesso da esigenze puramente commerciali o di prestigio.

Le donne nell’architettura

Il lavoro dell’architetto è stato per molto tempo considerato per soli uomini ma noi sappiamo bene che una donna motivata può raggiungere qualsiasi traguardo. Ecco una breve, brevissima per motivi di spazio, sfilata di nomi entrati nella storia dell’architettura contemporanea.

Gae Aulenti: è stata una delle più grandi e famose designer ed architette italiana, conosciuta a livello internazionale. Milano le ha dedicato una piazza nel centro del quartiere Isola, recentemente riqualificato. Nella sua lunga carriera ha collaborato con Olivetti, Fiat, Max Mara, Knoll, realizzando showroom, uffici ed esposizioni in Italia e all’estero. Ha realizzato inoltre importanti ristrutturazioni: la Gare d’Orsay di Parigi, Palazzo Grassi a Venezia, il Museo Nazionale d’Arte Catalana a Barcellona, le Scuderie Papali a Roma, l’Asian Art Museum a San Francisco.

Zaha Hadid: è stata l’architetta dei record, conquistando il premio Pritzker (prima donna), il più importante riconoscimento internazionale nel campo dell’architettura, e anche la prima donna a ricevere la medaglia d’oro del Royal Institute of British Architects. Dotata di un mix unico e sapiente di ricerca, creatività e applicazione della tecnologia è stata l’Archistar per eccellenza. Ha lavorato in tutto il mondo creando delle vere e proprie opere d’arte: Il Riverside Museum a Glasgowm ed il London Aquatics Center entrambi nel Regno Unito, il Galaxy-Soho Building a Pechino, il Ponte Sheik Zayed ad Abu Dhabi, il Library & Learning Center a Vienna, il Maxxi a Roma.

Odile Decq: è chiamata anche la rockstar dell’architettura per il suo look dark ed il suo stile architettonico eclettico e rivoluzionario. Ha conquistato moltissimi premi e riconoscimenti: il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia, l’International Prize for Architecture, i titoli di Commandeur de l’Ordre des Arts et des Lettres e di Chevalier de la Légion d’ Honneur. Tra le opere, alcune realizzate insieme al marito Benoît Cornette, spiccano: la sede della Apple Computer France a Nantes; la sede della Banque Populaire de l’Ouest a Rennes; il porto di Osaka, alcuni edifici dell’Università di Nantes, il Centro Operativo Autostradale di Nanterre, l’ampliamento del Museo Macro di Roma.

Le architette ribelli

Il vento della ribellione e dell’emancipazione soffia anche tra i progetti e le visioni architettoniche per il futuro. A partire dalla diffusione del termine “architetta”, c’è una nuova generazione che spinge per avere più presenza e considerazione, a partire dalle aule universitarie fino ai grandi progetti urbani.

Un gruppo di architette, coordinato da Francesca Perani, ha dato vita al Collettivo RebelArchitette: 18 architette di varia nazionalità che promuovono la lotta alla discriminazione di genere e l’apporto delle donne nella progettazione e costruzione del mondo che verrà. Il gruppo si è presentato con un flash-mob alla Biennale di Venezia del 2018 ed ha partecipato all’edizione del 2021 con il progetto Detox “per disintossicare il mondo dell’architettura dalle ineguaglianze, dalle ingiustizie e dai pregiudizi”.

Progetti virtuosi: Vienna, Barcellona e Parigi

In Italia, secondo i dati raccolti da Rete Toponomastica, solamente il 5% del totale di strade, vie e spazi pubblici è intitolato a donne. Ma il punto non è solo il nome: il focus è sul bisogno di progettare e realizzare spazi a misura di donna e al superamento delle disuguaglianze di genere.

Ci sono però degli esempi virtuosi dai quali lasciarsi ispirare.

Vienna: si chiama Aspern Seestadt, il quartiere di 20 mila abitanti che diventerà una cittadina, progettato con particolare attenzione per i percorsi seguiti dalle donne, mamme e lavoratrici e le loro necessità. Vede vie, parchi e piazze intitolate a figure femminili, zone pedonali, aree verdi, piste ciclabili, installazioni artistiche. Sono state inserite più panchine, allargati i marciapiedi ed aumentata l’illuminazione pubblica. Più spazio ai passeggini e meno alle automobili.

Barcellona: qui si è posta grande attenzione ai processi partecipativi per la realizzazione dei progetti di sviluppo urbano, ascoltando le necessità dei cittadini. Ne sono scaturite linee guida indirizzate al maggiore sviluppo della mobilità pubblica, ai percorsi pedonali, agli spazi aperti, ai mercati coperti e a luoghi per sviluppare la socialità. Per una città più vivibile e sostenibile.

Parigi: il progetto “La città del quarto d’ora” ha come obiettivo quello di sviluppare le relazioni e gli utilizzi delle strutture di prossimità, raggiungibili in 15 minuti appunto. Un approccio slow, con meno impatto ambientale per valorizzare i parchi, le piccole attività locali, le tante iniziative presenti nel quartiere limitando gli spostamenti. Per ridurre inquinamento e stress.

Foto di Keira Burton, Gustavo Fring (seconda e terza)

Donne e verde urbano

Facciamo ora alcune riflessioni con Brenda Insonne, la nostra esperta di argomenti climatici per la rubrica ExtraGreen.

Se le città non sono a misura di donna, non sono di certo neanche sostenibili. La sostenibilità infatti non è solo ambientale, ma anche sociale ed economica. Donne e uomini tendono ad assumere comportamenti diversi quando si tratta di questioni ambientali: diversi studi rivelano che le donne sono più inclini a riciclare, preferiscono guidare di meno, vogliono ricevere maggiori informazioni su come vengono realizzati i prodotti che utilizzano e come avviene il loro trasporto. Non manca una maggiore preoccupazione delle donne rispetto agli effetti della crisi climatica: un sondaggio realizzato dal Pew Research Center rivela che sono le donne, in misura maggiore, a comprendere la minaccia rappresentata dal cambiamento climatico e percepirne i rischi come più elevati e immediati.

Se le donne sono più sensibili al tema ambientale, è ancora più evidente quanto le città diano poco spazio alle donne e all’ambiente. Nonostante molte città cerchino di darsi un’impronta green, i loro suoli si ricoprono di cemento. Dall’ultimo rapporto ISPRA sul consumo di suolo, emerge che il cemento ricopre ormai 21.500 km2 di suolo nazionale. Una colata di cemento che raggiunge quasi le dimensioni della Lombardia, che è anche la regione con maggiore consumo di suolo, seguita da Veneto e Campania. Non a caso, il consumo di suolo è maggiore in area già ad alta densità, dove gli spazi aperti sono già limitati. è difficile, in queste aree già compromesse, trovare spazio per piantare alberi.

L’elevato consumo di suolo non fa che inasprire gli effetti delle ondate di calore che, a Novembre, ancora stiamo vivendo. Le aree asfaltate contribuiscono a far diventare sempre più calde le nostre città: per il fenomeno delle isole di calore, città come Milano possono avere una temperatura di ben 3°C superiore alle aree rurali circostanti. Si tratta di città che già la scorsa estate hanno vissuto picchi di temperatura fino a 38 gradi.

Ma non solo, le città ricoperte di asfalto, impermeabile, sono sempre meno protette dagli eventi atmosferici estremi: le piogge intense, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde e aggravano la pericolosità idraulica dei nostri territori. Dovremmo essere ormai ben consapevoli del fatto che le piogge ad alta intensità non si verificano inaspettatamente, ma sono uno degli effetti più tangibili del riscaldamento globale.

Le nuove coperture artificiali rappresentano sicuramente una delle forme più acute di degrado del suolo. Per questo motivo, è prioritario implementare tempestivamente soluzioni che consentano il deflusso delle acque meteoriche e rendere le città più adatte ad affrontare i cambiamenti che ci aspettano nel prossimo futuro. La buona notizia è che non solo le donne sono più sensibili alla questione climatica, (oltre a soffrire maggiormente di eco-ansia!), ma la presenza delle donne nei processi decisionali politici si traduce in obiettivi e politiche climatiche più ambiziosi. (OECD, 2022)

La partecipazione delle donne al processo decisionale in materia ambientale è importante per promuovere allo stesso tempo la parità di genere e l’azione ambientale.

Serena Giacomin, presidente Italian Climate Network, metereologa e climatologa (Foto Elle.it)
Licypriya Kangujam, giovanissima attivista per il clima indiana (TheChildMovement)

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6 thoughts on “Una città nuova-Spazio a misura di donna”

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