Sara, espatriata, decide di andare incontro al proprio destino lontano del suo Paese d’origine
“La vita da expat è spesso molto più complessa di come la si immagina dall’Italia. Ci chiamano cervelli in fuga, come se tutto quello che ci portiamo dietro sia solo il nostro lavoro. Non è così. Partire è la cosa più semplice, rimanere poi fermi a lungo in un nuovo Paese diventa invece complicato. La difficoltà sta proprio nel mettere nuove radici.”
Bergamasca di nascita, classe 1989, laurea specialistica in finanza alla Bocconi di Milano, svizzera d’adozione, Isabella ha lasciato l’Italia per la prima volta nel 2013. Da allora, ha traslocato circa undici volte: nella stessa città, o cambiando nazione. «Il circa è necessario, perché potrei dimenticarmi di qualche trasloco intermedio, senza poi contare i posti dove ho vissuto per qualche settimana senza avere fatto un vero e proprio trasloco. L’idea della protagonista di Expat, Sara, una viaggiatrice senza sosta, nasce proprio da tale esperienza, anche se lei in realtà è molto più viaggiatrice di me, che sono ferma in Svizzera ormai da sei anni, pur avendo cambiato casa già quattro volte in questi sei anni».
Isabella: Transformation Manager a Zurigo, Startupper di una piattaforma di Crowd Liquidity, Autrice di un libro e Scrittrice. Ti senti più a tuo agio in uno di questi ruoli? E perchè?
Nel mondo delle startup si dice: “Bisogna fallire prima di avere successo”, io ho fatto il primo step (ride, ndr). La nostra startup in realtà è stata un tentativo dal basso mai decollato quindi per quanto mi piacerebbe rispondere che creare startup, dare inizio ad un nuovo progetto, accettare nuove sfide è quello che mi piace fare di più, mi divido principalmente in consulente e scrittrice (scrivo articoli). La mia carriera in questo momento è prevalentemente dedicata alla consulenza.
Che cosa fa una Transformation Manager?
Quando lo scoprirò te lo dirò! (ride, ndr). Scherzi a parte, gestiamo progetti di trasformazione: per esempio, una banca con sedi in tutto il mondo che deve adeguare i suoi processi interni alla nuova legge sulla protezione dei dati e coordinare le diverse funzioni (lato tecnologico, lato amministrativo ecc.) deve nominare un transformation manager, che gestisca appunto la trasformazione. Sono legata a doppio filo con la consulenza strategica (che si ferma però all’aspetto concettuale) e alla parte operativa, dal design all’handover finale.
Hai lasciato l’Italia per lavoro quasi periodicamente: prima di stabilirti nel 2016 in Svizzera e poi a Zurigo. Ci racconti brevemente le varie “escursioni” all’estero?
Vengo da un piccolo paesino in provincia di Bergamo, ho fatto la triennale a Bergamo e la specialistica in Bocconi, a Milano. La prima “incursione” all’estero è stata a Warwick durante l’Exchange Program (Erasmus), un piccolo paesino a nord dell’Inghilterra ma con una business school molto nota. In passato non ho sempre avuto molta fortuna nel cercare lavoro, è il lavoro che ha trovato me: dopo uno stage a Londra (non pagato) sono rientrata a Milano per un anno con un’azienda che ho avuto la fortuna di conoscere durante il mio stage. Ho seguito il mio compagno di allora in Israele per qualche mese, a Tel Aviv per rientrare a Milano e seguirlo ancora in Svizzera subito dopo.
Dal 2018 sei stabilmente a Zurigo. Di questo tuo punto cardine ne hai fatto un libro, Expat, in uscita a Gennaio ed edito da MnM Edizioni. Ce ne vuoi parlare?
Ho iniziato a scriverlo nel 2018 e pubblicato a Gennaio 2022, ho una foto di quando ho scritto la prima parola a Parigi, da sola, sulla Senna, con il mio calice di vino…Te la mando! Torno spesso a Parigi anche per trovare mio padre che si è spostato dopo la separazione in una città vicina, sono quindi particolarmente legata a questa città, è il mio posto nel mondo. Ho scritto questo libro per lo più durante i miei periodi di vacanza chiudendolo proprio qualche settimana prima della pandemia, bloccata in un mondo in lockdown.
Nel libro parli di cervelli in fuga e del reale significato che questa locuzione assume per chi vive davvero all’estero. Siamo curiose di sentire il tuo punto di vista a riguardo.
Credo che la definizione “cervelli in fuga” sia limitante, sembra che tutto si limiti al lavoro. Non è così banale. La mia prima esperienza all’estero è stata uno scambio, volevo capire come si vivesse all’estero ma non stavo fuggendo da nulla. Il libro parla quindi del viaggio non alla ricerca del lavoro ma di te stessa: chi fugge solo per lavoro, torna o cerca di tornare in patria molto presto anche con condizioni economiche molto diverse. Se sei in un posto che non senti tuo, non rimani a lungo.
Chi rimane è perché trova un posto che gli assomiglia di più.
Mi ha molto colpita ad un certo punto la domanda che ti fai: È possibile costruire un nuovo senso di appartenenza? Non sono un’expat, mi sono trasferita dal sud al nord Italia eppure me lo sono spesso chiesta anch’io. A quale posto apparteniamo davvero?
Ecco la mia esperienza: qui a Zurigo ho il grosso problema della lingua. Parlo inglese ma so sin da ora che non parlerò mai tedesco, posso imparare tante cose ma il tedesco proprio no! Il senso di appartenenza forse si costruisce nel momento in cui inizi a vivere con la comunità (volontariato, il teatro…). Questo momento mi manca completamente e forse è una delle ragioni per cui potrei decidere un giorno di spostarmi da Zurigo. Ci sono valide ragioni per cui vale la pena restare ma banalmente non frequento molto i miei colleghi Svizzeri al di fuori del lavoro. Se siamo in pochi riusciamo a parlare inglese ma in un gruppo più ampio è normale per loro usare la loro lingua madre ed io ne sono inevitabilmente tagliata fuori.
È una domanda molto personale e delicata e se non vorrai rispondere lo capiamo. Innamorarsi, legarsi ad una persona forse contribuisce anche a creare un più profondo legame con il luogo che abbiamo scelto. Sei innamorata o legata a qualcun* a Zurigo?
In questo momento sono in una relazione con un ragazzo metà sudafricano e metà austriaco. Nonostante sia qui da qualche anno, non si sente legato a questa nazione, non sente di appartenergli. Se fossi legata ad una persona nata e cresciuta qui, se andassi la domenica a pranzo dai suoceri per dire, sicuramente contribuirebbe ma forse dovevo anticiparti che soffro di afantasia, una condizione della mente per cui non sono capace di visualizzare nessuna immagine mentale, come se l’occhio della mente fosse completamente cieco. Non “viaggio con la testa”, il mio libro è poco descrittivo proprio per questa ragione. Non so chi dei miei personaggi abbia gli occhi azzurri o i capelli biondi, queste caratteristiche le ho aggiunte forzatamente per il benessere di chi legge.
Conosciamo tutti i tuoi successi ma raramente sentiamo parlare di fallimenti. Pensiamo che facciano parte del percorso di ciascuno. Credi di voler condividere con noi qualcosa che poteva andare diversamente?
Sono sempre stata terribile nel cercare un nuovo lavoro. In Bocconi la maggior parte degli studenti hanno una lunga serie di intership tra i quali scegliere. Io no. Ero l’unica che non riceveva offerte di lavoro o a cui le aziende non rispondevano. Eppure sono certa che questi ultimi sei anni siano la miglior carriera che potessi fare nel mio settore! Il mio ultimo lavoro a Milano non è finito nel migliore dei modi, all’epoca l’ho vissuto un fallimento però mi ha portata a Zurigo e a questo lavoro nel quale sono la superstar del team (ride, ndr).
The Next Step: il prossimo passo sarà?
In questo momento sto lavorando alla prossima promozione per diventare director nel mio team (il prossimo passo sarebbe partner). La consulenza è un settore duro e ancora più duro per le donne. Il tipo di leader che voglio diventare è molto orientato alle persone e sto creando un network per le donne per la consulenza sui servizi finanziari, il mio più grande next step!
Noi siamo un po’ sognatrici…Un desiderio/sogno per il futuro?
Se potessi decidere cosa fare nella vita, vivrei in un agriturismo vicino al mare, scriverei libri facendolo diventare un lavoro…Ma nella vita bisogna essere concreti, i miei sogni sono poco fantasiosi! Se vendessi quanto Baricco, potrei permettermi di sognare la mia vita vista mare (ride, ndr)!
Potete acquistare Expat – Storie di una generazione perduta su questo link: https://expatlibro.com/dove-comprare-expat/
Alcune foto presenti in questa intervista sono di Veronica Sorace: https://veronicasorace.com/it/fotografo-la-tua-storia/
17 thoughts on “Isabella Sorace racconta EXPAT – Storie di una generazione perduta”
Comments are closed.