La definizione ufficiale di abilismo non dice granché a chi non ne ha mai sentito parlare, troppo vaga, troppo generica.
“Atteggiamento discriminatorio e pregiudizialmente svalutativo verso le persone con disabilità.”
Da persona disabile, mi è spesso capitato di imbattermi in frasi, parole e atteggiamenti abilisti in molte situazioni, e in quasi tutti i contesti di vita sociale: in quello famigliare, scolastico, medico e lavorativo.
Se consideriamo la mia patologia, la paralisi celebrale infantile, che ho dalla nascita, si può dire che io abbia subìto un vero e proprio accanimento terapeutico, più in generale un certo “abilismo medico”: la mia disabilità motoria viene vista come un problema da risolvere, sono una persona da “raddrizzare”, il mio essere non conforme va aggiustato invece che accettato così come è.
Spesso chi è disabile si trova a dover lottare contro l’abilismo dei propri stessi famigliari, genitori o parenti, i quali non accettano la situazione e vorrebbero trovar per forza una “cura”, anche quando la persona disabile non vorrebbe.
E qui arriviamo al tasto più dolente, quello dell’abilismo interiorizzato, che ho già accennato, ovvero quando una persona con disabilità è influenzata dall’abilismo esterno, e le persone che la circondano le fanno credere che sia la sua condizione ad essere sbagliata, che la persona con una disabilità debba tendere per forza ad una normalità, la quale però non è decisa dal disabile stesso, ma da canoni esterni e decisi da altri.
Che cos’è allora l’abilismo?
- Spingere una persona disabile a superare i propri limiti solo per poter essere “più normale”, è abilismo.
- Nascondere il proprio difetto fisico, o il proprio ausilio, per essere accettata, è abilismo interiorizzato.
- Pensare di non essere dei partner validi, e quindi di doversi “accontentare”, cosa che porta ad essere potenzialmente più vulnerabili agli abusi, anche questo è abilismo.
- Sentirsi un peso e un disturbo per i propri amici, familiari e partner, solo perché si ha una disabilità è abilismo.
C’è un aspetto che riguarda le persone con disabilità più da vicino, rispetto ad altre forme di abilismo esterno, e cioè “l’abilismo interiorizzato orizzontale”.
Un atteggiamento di superiorità di una persona disabile verso un’altra persona disabile. Una sorta di confronto nocivo che deriva sempre dalle idee abiliste dell’essere normale.
Esempio: due persone che hanno la stessa patologia, una di queste si sente migliore, perché non usa ausili per deambulare.
Esistono poi tante diverse forme di violenza abilista che possono subire in quanto disabili:
- La violenza verbale e fisica verso una persona disabile. In altre parole: il bullismo.
- La pietà. Considerare sempre e comunque una persona disabile come debole e svantaggiata non è bello, soprattutto se poi si usa questa persona come metro di paragone per sentirsi meglio.
- L’ “Inspirational porn” si perpetua quando si ha una visione pietistica e le persone con disabilità diventano fonte di ispirazione a prescindere, proprio per la loro disabilità.
- Abilismo nel linguaggio. Chi non ha mai sentito frasi come: “Sei proprio un ritardato” oppure “Sei proprio autistico/bipolare/disabile” o “I veri disabili sono loro” “Ti meriti la 104″ Sono tutte accezioni molto negative che screditano la persona disabile e la sua condizione e, in più, banalizzano molto di quello che è la realtà di una persona con disabilità.
- Le barriere architettoniche sono esse stesse una forma di abilismo, sia nel pubblico che nel privato, se esistono, è perché non si tiene conto delle esigenze di vita e di socialità delle persone con disabilità.
- Esiste anche l’abilismo sul lavoro. Nonostante ci sia la legge 68 che tutela le persone disabili nel trovare lavoro con il “collocamento mirato” e “le categorie protette”, tantissimi datori di lavoro pensano ad un dipendente con disabilità come ad un “peso” o un lavoratore comunque meno produttivo, anche se non è così. Infatti è molto difficile per una persona disabile trovare un impiego che tenga conto delle proprie capacità e non sia un “contentino”, addirittura certe aziende preferisco pagare una multa piuttosto che assumere la quota prevista di persone con disabilità.
- Abilismo affettivo/sessuale si ha quando si dice ad una persona disabile che è “fortunata/o” ad aver trovato compagno/a o aver messo su famiglia, come se una persona disabile non potesse essere mai scelta a livello affettivo, amoroso o semplicemente sessuale. Come se le persone normotipiche facessero un favore a stare con una persona disabile. E non potessero davvero innamorarsene o desiderarla.
Ricordiamoci che parlare di abilismo, o tentare di combatterlo, non è un atto marginale, ma in realtà è qualcosa che interessa un gran numero di persone.
Si stima che il 15% della popolazione mondiale abbia un qualche tipo di disabilità, ecco perché è fondamentalmente parlarne e far conoscere alle persone, tutte le persone, quanto impatta un atteggiamento abilista sulla libertà e sull’autostima sull’autodeterminazione delle persone disabili.
Se volete saperne di più, potete seguire i profili di questi ragazzi e ragazze in gamba, che si battono da anni per il riconoscimento sociale e per i diritti delle persone disabili:
Witty Wheels (dal loro profilo e dal loro lavoro sempre preciso e puntuale deriva la gran parte dell’ispirazione per questo mio articolo)
Gli attivisti per i diritti dei disabili, citati qui, sono diversi tra loro negli intenti ed espressioni, così come lo sono le persone e le sensibilità di ognuno, ho però elencato quelli che seguo e che trovo più vicini al mio modo di pensare, come donna e come “disabilmentemamma”.
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