Questa è la storia di Cinzia, classe 1961, artigiana ed imprenditrice toscana, con radici ben piantate nell’empolese. Il poco tempo libero a disposizione adora impiegarlo cucinando e leggendo; la pigrizia le impedisce di dedicarsi all’attività fisica quanto vorrebbe. Appartenente fin da piccola al “team cane”, si è ritrovata a convivere con due gatti, dei quali si è, però, subito innamorata (e tratta come figli, non senza qualche piccola gelosia della sua umana prole). Fra le cose più importanti della sua esistenza, mette al primo posto le due figlie (a lungo desiderate) e il lavoro: alla quale si è dedicata con anima e cuore fino alla pensione ed oltre (tuttora, nonostante il pensionamento, continua a recarsi sul luogo di lavoro con il sorriso stampato sul volto). Si sente gratificata e realizzata per la sua carriera, senza rimpianti. Self-made-woman, abbandona la scuola di Ragioneria per prospettive lavorative che non le piacevano: cercava un lavoro in cui poter esprimere le proprie doti artistiche, dando così sfogo alla propria creatività. A soli 22 anni prende la decisione di aprire un’attività: un salone di acconciature, che nel tempo ha plasmato, rendendolo un riflesso di se stessa, del proprio stile, della propria personalità, creando un luogo confortevole, immerso in un’atmosfera familiare, come la casa di una zia a cui vogliamo molto bene. Cinzia ritiene che il cibo sia creatività, esprimere il proprio essere, perché ognuno cucina in modo differente, ha un diverso modo di concepirlo; “ed è anche tradizione, ricordi, momenti in cui ripercorro momenti della mia infanzia; è convivialità, essere felici cucinando per altre persone, perché è come dare me stessa agli altri – non so se mi spiego – regalo una parte di me.” Cucina volentieri, con gioia, prova sempre una sensazione di piacere per ciò che sta facendo, si rilassa, sia nella quotidianità che per occasioni speciali, non è mai annoiata o a disagio con i fornelli, non la affaticano.

Il suo primo ricordo di una pietanza è il pollo cucinato dalla nonna per il pranzo della domenica. Al mattino, la piccola Cinzia, si alzava con un buon profumino che permeava l’intera camera: l’odore del pollo preparato “alla contadina” con tutte le parti tagliate a pezzettoni, disposte in una teglia di smalto e cotte in umido (all’“unto scappato”, cioè con poco condimento) su cucina economica a legna (con piastre di ghisa). Le chiedo quale sia il suo piatto preferito cucinato da un familiare e lei arrossisce, quasi si vergogna nel confessare che la sua preferenza non è per un piatto vero e proprio. Mi racconta che la nonna le preparava fette di pane bianco con prosciutto crudo, che lei andava a mangiare sull’altalena appesa ad un ramo del fico, da cui coglieva i frutti per aggiungerli alla sua merenda. C’è un altro ricordo felice legato ad un piatto della sua infanzia: il girarrosto di uccellini (tordi e passerotti) preparato dal babbo, che li aveva cacciati e puliti, la sera precedente. Una dolce nostalgia accompagna l’immagine del padre concentrato nella pulizia degli uccellini e la messa a punto del pasto. Solitamente non si occupava del pranzo o della cena, non preparava altro se non quello; perciò la rende felice pensarlo intento a cucinare con amore per la famiglia.

Non sa decidersi fra dolce e salato, così mi rivela che i suoi piatti preferiti sono la Pappa al pomodoro e il Tiramisù. 

Pappa al pomodoro

  • 250 gr Pane raffermo
  • 400 gr Passata di pomodoro
  • 1L circa di Brodo vegetale
  • Basilico 
  • Aglio 
  • Sale e pepe 
  • Olio 

Il pane va tagliato a fette sottili, per poterlo lavorare meglio. In un tegame si fa rosolare l’aglio con un filo d’olio; appena si diffonde nell’aria un buon profumino emanato dall’aglio che sfrigola, a fiamma bassa, si uniscono la passata di pomodoro e basilico. Si cuoce il pomodoro per 15’ circa, aggiungendo un po’ di brodo ed il pane; in un secondo momento anche il restante brodo e si lascia cuocere per altri 20’ circa, fino alla consistenza desiderata.  

Tiramisù

  • 5 uova
  • 500 gr mascarpone
  • 5 cucchiai di zucchero 
  • Caffè + Liquore al caffè (Caffè Borghetti) q.b.
  • Pavesini q.b.
  • Cioccolato fondente e/o cacao

Per prima cosa consiglio di preparare un bel po’ di caffè, in modo che si raffreddi; nel frattempo prepariamo la crema al mascarpone.

Prendiamo le uova e, con attenzione, dividiamo i tuorli dagli albumi, riponendo questi ultimi in frigorifero, mentre ci occupiamo dei primi. Sbattiamo i tuorli con la frusta elettrica, insieme a cinque cucchiai abbondanti di zucchero (la quantità può variare a seconda di quanto volete che sia dolce la vostra crema) fino ad ottenere un composto più bianco possibile, dalla consistenza spumosa e densa. Integriamo il mascarpone un po’ alla volta con una spatola o una forchetta. Prendiamo gli albumi, aggiungiamo un pizzico di sale e li montiamo a neve.

Poi li aggiungiamo al resto del composto, piano piano, un po’ alla volta, dal basso verso l’alto, cercando di non smontarli. Adesso siamo pronti a comporre il nostro dessert: base di Pavesini inzuppati in una miscela di caffè e liquore al caffè (opzionale), strato di crema, pezzetti di cioccolata fondente (o qualsiasi altro tipo; altrimenti niente, se non piace), e via di nuovo altro giro di Pavesini, crema e cioccolata e/o cacao sulla superficie. Gli strati possono essere di più, o anche uno soltanto; mentre i Pavesini possono essere sostituiti con Savoiardi (come vorrebbe la ricetta originale) o con qualsiasi altro biscotto.

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