Fa caldo. Lo sappiamo, lo sentiamo. Da giugno siamo afflitti da ondate di caldo senza precedenti, si parla di picchi superiori a 40 gradi in molti paesi europei. Persino in Regno Unito è stata raggiunta per la prima volta in assoluto la temperatura di 40 gradi a giugno. Per il protrarsi della siccità, a inizio luglio il governo italiano ha decretato lo stato d’emergenza per Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto e Piemonte. Ma cosa sta succedendo quest’anno? Perchè non c’è acqua?
Quali sono le cause della siccità
Se abitiamo vicino al mare, ci basta aprire la finestra per vedere che l’acqua c’è eccome. Infatti, l’acqua salata ricopre quasi interamente la Terra e costituisce la maggior parte dell’acqua disponibile. Disponibile, ma non direttamente utilizzabile, perché i processi di desalinizzazione (il processo di rimozione del sale dall’acqua per renderla potabile) richiedono moltissima energia e in Italia non sono ancora così diffusi, escludendo casi di particolare necessità come le isole. Anzi, i paesi che utilizzano su larga scala impianti di desalinizzazione sono proprio quei paesi dove l’acqua scarseggia, come l’Arabia Saudita e i Paesi del Golfo. In Italia non ne abbiamo mai sentito il bisogno. L’Italia infatti è sempre stato un paese con abbondanza di acqua, grazie alle numerose falde acquifere presenti soprattutto in Nord Italia e ai ghiacciai di Alpi e Appennini. La neve dei ghiacciai, sciogliendosi in primavera, costituisce una preziosa riserva di acqua, fruibile nei mesi più caldi.
Tuttavia, l’Italia è anche il paese con il più elevato prelievo idrico, ogni abitante utilizza 428 litri di acqua al giorno. Quest’acqua è impiegata in minima parte per usi domestici, ma anche per i cicli industriali e soprattutto per l’agricoltura. Finora, un approvvigionamento così consistente di acqua era reso possibile da un’elevata produzione giornaliera.
Adesso, il delicato equilibrio idrogeologico tra acqua prelevata e acqua disponibile è entrato in crisi con il diminuire delle piogge. Manca l’acqua per ricaricare fiumi e laghi, e quindi le falde acquifere, ma il prelievo resta lo stesso, anzi è maggiore proprio a causa dell’assenza di pioggia.
Per comprendere le cause della siccità, bisogna tornare indietro ai mesi precedenti. Infatti, la scarsità di acqua e le possibili conseguenze sul settore agricolo destavano preoccupazioni sin dallo scorso inverno, uno dei meno piovosi di sempre. Eppure, la vera anomalia dello scorso inverno riguarda la temperatura. Nel Nord Italia sono state registrate temperature superiori alla media di 2,1 e 2,5 gradi. A causa delle alte temperature, la poca neve che avrebbe dovuto alimentare i corsi d’acqua in primavera si è totalmente esaurita in breve tempo. La situazione non è migliorata in primavera, come previsto, e chiaramente neanche ora che siamo in estate: le alte temperature, oltre la media persino a maggio, contribuiscono a inasprire la drammatica carenza di acqua.
Il problema si sta già facendo sentire non solo per il settore agroalimentare, ma anche per quanto riguarda gli usi civili. Per esempio, alcuni comuni hanno dovuto prevedere il razionamento di acqua nelle ore notturne, per permettere ai serbatoi di ricaricarsi.
In aggiunta, il caldo rende la terra arida. Le piante faticano a crescere perché non possono contare sulle piogge né sulle riserve sotterranee di acqua. Quindi, si rende necessaria l’irrigazione artificiale, ricorrendo ad acqua proveniente da fiumi e laghi, già vessati dalla scarsità di pioggia, andando a ridurre ulteriormente la loro portata.
Si potrebbe pensare che sia un anno sfortunato, un’anomalia, da cui deriva la situazione di emergenza. Ma ondate di caldo di questo tipo si stanno susseguendo con frequenza maggiore negli ultimi anni. Dunque, è ancora lecito parlare di anomalia? Ha davvero senso parlare di “situazione di emergenza”, quando questa urgenza va avanti da anni ed era già stata annunciata con largo anticipo?
E quali conseguenze può avere questo periodo di siccità?
Conseguenze del protrarsi della siccità
Una crisi del settore idrico rappresenta un rischio per i numerosi settori che dipendono dall’acqua per il loro sostentamento. Basti pensare che, oltre all’utilizzo che ne facciamo nelle nostre case, questa risorsa è fondamentale per l’agricoltura, ma anche per molte industrie e per la produzione di energia idroelettrica.
Non a caso, il settore più colpito dalla siccità è indubbiamente quello agricolo. Infatti, diverse ordinanze locali hanno vietato l’irrigazione dei campi per dare la priorità all’uso domestico e dare un po’ di sollievo ai laghi, dove il prelievo di acqua stava superando quella che alimentava il corpo idrico.
Il caldo impatta anche sulle rese agricole, soprattutto delle colture che hanno più bisogno di acqua. È dunque in calo la produzione di riso, di frutta, di mais. Ciò potrebbe condizionare anche le future produzioni, poichè le colture rallentano la loro crescita per sopperire alla mancanza di acqua.
Quando si parla di agricoltura si pensa alla coltivazione di ortaggi per il consumo umano. È però importante ricordare che meno della metà dei cereali prodotti è consumata direttamente per l’alimentazione umana. La maggior parte serve a produrre mangimi per animali da allevamento, in particolare suini e bovini. È giusto riconoscere quindi che la crisi agricola stia avendo conseguenze dirette anche sull’allevamento. Infatti non solo gli animali, patendo fortemente il caldo bevono di più e producono meno, ma si ritrovano anche a dover fronteggiare quella che è una carenza di mangimi, a causa dei pascoli secchi e del suolo ormai rovente.
Ma l’aumento delle temperature sta causando anche modifiche alle precipitazioni a cui eravamo abituati, e su cui la nostra agricoltura si basa.
I periodi di prolungata siccità si accompagnano a improvvisi eventi meteorici estremi, che negli ultimi anni sono diventati sempre più frequenti e comportano danni alle infrastrutture e alle colture. Proprio in questi giorni violenti temporali si stanno abbattendo su parte dell’Italia, con notevoli rischi per la popolazione. Le piogge intense comportano una perdita di acqua dolce, perchè il terreno ha una capacità massima di assorbire acqua. Se piove troppo velocemente e per diversi giorni, l’acqua non riesce a raggiungere il terreno più profondo e la falda non riesce a ricaricarsi. La mancanza di acqua nel suolo lo rende progressivamente più arido e di conseguenza meno capace di assorbire precipitazioni future, aumentando il rischio di frane o alluvioni.
Inoltre, il terreno arido favorisce anche l’innesco di incendi, e ne facilita il propagarsi. Dal primo gennaio al 16 luglio 2021 l’Unione Europea ha perso nei roghi una superficie più grande dell’intera Valle d’Aosta, complessivamente 346mila ettari di aree boschive.
Si prevede che la siccità nel Nord Italia continuerà almeno fino a settembre. A causa della crisi climatica, aumenta il numero di persone che soffrono di stress idrico, esacerbato dall’aumento della popolazione e dalla diminuzione della disponibilità di risorse.
Possiamo solo sperare che l’estate prossima sia migliore. Oppure possiamo fare qualcosa?
Esistono soluzioni alla crisi idrica
La situazione è preoccupante e senza precedenti, eppure qualche notizia positiva c’è, a testimoniare il fatto che bisogna agire (il prima possibile) per sperare di mitigare il problema.
È il caso della Sardegna che, grazie ad una gestione efficiente della risorsa idrica, sembra riuscirà a garantire l’approvvigionamento potabile e industriale per i prossimi mesi, scoraggiando le interruzioni notturne del servizio.
Grazie soprattutto alle piogge di fine luglio, lo stato idrologico del fiume Po è migliorato, raggiungendo per la prima volta a inizio agosto la sua media storica. È un piccolissimo traguardo in una situazione di stress idrico che resta grave, ma mostra un sensibile quanto temporaneo barlume di speranza. Restano inadeguati la gestione delle risorse idriche, inesistenti le iniziative di tutela e conservazione delle risorse.
È evidente che le conseguenze del riscaldamento globale rappresentano la minaccia più importante che la comunità internazionale dovrà affrontare nel secolo in corso. Se la narrazione rispetto agli effetti dell’emergenza climatica negli anni scorsi ha portato ad estraniarsi rispetto ai diversi fenomeni, pensando che si trattasse di zone remote, quest’estate ci sta facendo capire quanto il mondo sia interconnesso e gli effetti della crisi climatica siano ben visibili e soprattutto più vicini di quanto pensassimo.
Lo abbiamo già visto l’anno scorso con le inondazioni che hanno interessato non paesi remoti e in via di sviluppo, ma la vicina Germania, il Belgio e la stessa Italia, dove ettari di coltivazioni sono state distrutte dalla grandine a luglio. E forse sarebbe il caso di accettare che la crisi climatica sia ahimè inevitabile e iniziare ad agire di conseguenza. La siccità non è destinata ad essere una situazione emergenziale, ma l’effetto di una progressiva desertificazione e aridificazione. Il Mediterraneo apparirà ai nostri figli ben diverso dalla macchia verde a cui siamo abituati. Cosa vogliamo fare a riguardo?
È necessario accettare il fatto che molte aree della Terra subiranno cambiamenti, molte zone fertili diventeranno desertiche e adoperare strategie per convivere e adattarsi a tali cambiamenti, coesistere con un ambiente che cambia.
È fondamentale ripensare l’agricoltura in un clima che non è più mediterraneo. Le soluzioni ci sono e vanno ricercate nelle innovazioni tecnologiche, come le pratiche di riutilizzo di acque reflue depurate, la scelta di varietà locali e stagionali che necessitano di minore acqua, le nuove tecniche di irrigazione, ma anche in una modifica sostanziale dei consumi, che preveda la riduzione degli sprechi e prediliga alimenti che necessitano di meno acqua per essere prodotti.
La situazione è complessa, fa paura, scoraggia. Mette di fronte a un senso di incertezza sul futuro. Ma non deve essere il pretesto per non agire.
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