“Risplendono con grani grandi, folti e copiosi”. 

(foto da www.torinooggi.it)

D’autunno, i grappoli maturi dell’uva sono gemme dai riflessi ambrati che, colpite dalla luce del sole, brillano come preziosi gioielli: così, nel 1606, il gioielliere Giovan Battista Croce descriveva gli acini di Erbaluce di Caluso, vitigno autoctono piemontese. 

Nel cuore del Canavese, sulle dolci colline che circondano il lago di Viverone, il paese di Caluso è esuberante, pieno di vita: si sta preparando per la festa dell’Uva Erbaluce. Si sentono vecchi viticoltori che raccontano ai nipoti l’importanza del terreno dove si allevano le viti: “Il nostro è di origine morenica – spiegano con orgoglio – con uno strato ciottoloso in superficie che, insieme alla magnifica posizione geografica e al clima reso mite dalla presenza del lago, permette la nascita di grappoli d’uva profumatissimi!” 

“L’incoronazione della Ninfa è prossima!” Grida forte un’anziana vignaiola “Forza, ragazze! Prendete posto.” Nina si guarda attorno alla ricerca della piccola Susanna, sua sorella. Appare all’improvviso, da dietro un signorone che porta un grande cappello di feltro, e la raggiunge saltellando festosa. La prende per mano e la invita a chinarsi verso di lei, per raccontarle, per l’ennesima volta, la storia, che tanto adora, sulla bellissima Albaluce. “Narra la leggenda che in un tempo lontano di ninfe e spiriti magici, durante un giorno di fitte nubi, Alba e Sole apparvero l’una alla vista dell’altro e subito s’innamorarono. Il loro amore non era però destinato alla felicità, perché Sole poteva mostrarsi soltanto quando Alba non c’era già più. Luna, sorella di Sole, mossa dall’affetto per il fratello che tanto stava soffrendo, decise un giorno di restare in cielo e mettersi in mezzo, sul cammino di Sole, così che lui, nascosto, potesse raggiungere la terra per incontrare Alba e finalmente abbracciarla. Dal loro grande amore nacque una splendida bambina dagli occhi azzurri color del cielo, pelle di rugiada e lunghi capelli dorati e splendenti come raggi di sole. Albaluce era così incantevole che gli abitanti della zona le offrirono innumerevoli doni, fino a quando tutti i frutti del lago non bastarono più al loro stesso sostentamento. Tentarono di costruire un grande canale e ottenere nuove terre da coltivare, ma le acque del lago travolsero tutto, seminando morte. Albaluce, distrutta dal dolore, pianse e dalle sue lacrime nacquero lunghi tralci, ricchi di luminosi grappoli di succosa uva bianca: l’Erbaluce di Caluso.”

(foto da www.facebook.com)

Prende parola l’anziana vignaiola, bramosa di sfoggiare la propria conoscenza in materia: “La vendemmia di queste uve avviene nella terza decade di settembre; ne seguono una pigiatura soffice e l’immediata filtrazione del mosto fiore, così da preservare gli aromi primari tipici del vitigno. Il vino fermo ottenuto è giallo paglierino, dai profumi eleganti e fragranti di fiori ed erbe aromatiche. Al palato è fresco, agrumato, di grande finezza, con un finale leggermente ammandorlato. Viene prodotto anche in versione spumante metodo classico e passito, quest’ultimo ottenuto con una selezione dei grappoli migliori dopo un appassimento sui graticci, che si prolunga fino alla fine di febbraio/inizio marzo; seguono fermentazione e affinamento in botti di rovere.” 

Sta passando di lì una signora, di quelle a cui non manca mai l’appetito e, mentre pranza, pensa già a cosa cucinare per cena, che non perde l’occasione per dire la sua: “Ascoltate me: è ottimo con il Coregone, pescato fresco dal lago e cotto, senza troppi intrugli e salsine! Altrimenti possiamo sfumarci un risotto in bianco aggiungendo un formaggio fresco e poi berne qualche calice in accompagnamento! Lo spumante è adatto per un aperitivo, con qualche stuzzichino magari. Mentre il passito è perfetto con biscotti di pasta frolla, amaretti, baci di Dama, biscotti della Duchessa, gnam! Da leccarsi i baffi! Per chi ama i sapori forti, anche con formaggi dal gusto deciso come Gorgonzola o Castelmagno.” 

Susanna alza gli occhi verso Nina, che ricambia il suo sguardo. C’è una tale intesa fra le due, che a volte nemmeno hanno bisogno di aprir bocca per comunicare. Sorridono, Nina le fa l’occhiolino, pensando che sì, più tardi passeranno in pasticceria a comprare dei pasticcini. Nel frattempo la splendente Albaluce fa la sua entrata in scena, la rappresentazione sta cominciando. Tutti gli spettatori si zittiscono e assistono all’incoronazione in un silenzio d’adorazione. La bellezza della Ninfa è ammaliante, come ci s’immagina che lo sia secondo la leggenda. Susanna spera di essere così anche lei, un giorno; poi si guarda attorno e osserva le altre signore presenti, compresa sua sorella, le sorge spontaneo un confronto. Riflette: ognuna di loro ha una caratteristica che la rende speciale e l’affetto che prova nei confronti delle persone prescinde dall’estetica. Susanna è una piccola filosofa e realizza che la bellezza non è che il riflesso del fascino intrinseco che noi notiamo negli altri.  

BACIO DI DAMA

Ingredienti:

  • 150 gr nocciole tostate (o mandorle)
  • 150 gr burro
  • 150 gr zucchero a velo
  • 1 uovo
  • 250 gr farina 00
  • 1 presa sale
  • 120 gr cioccolato fondente (per farcire; se non vi interessa riprodurre la ricetta originale, potete utilizzare anche altre tipologie di cioccolato, se siete colori anche creme spalmabili alla nocciola)
(foto da www.piemonteintavola.it)

Per prima cosa dobbiamo frullare la nostra frutta secca tostata nel mixer, fino ad ottenere una granella molto fine. Armiamoci di pazienza e lavoriamo il burro freddo a pezzetti con la farina setacciata (per i più pigri o per chi va di fretta: potete usare una comoda planetaria), fino ad una consistenza “sbriciolosa”. Aggiungiamo poi lo zucchero a velo, la granella fine e un pizzico di sale, mescoliamo. Infine l’uovo, e adesso viene il momento di lavorare il tutto per ottenere un impasto liscio ed omogeneo (tipo la pasta frolla). Avvolgiamo l’impasto nella pellicola e lo teniamo in frigo per qualche ora, dovrà indurirsi. Passato il tempo necessario realizziamo delle palline da 7-8 gr (dice la ricetta originale, io dico: insomma, un po’ a occhio). Distanziate bene fra loro, le inforniamo a 160° in forno statico per circa 12 minuti. L’aspetto dovrà essere bianco in superficie e leggermente dorato alla base, e ancora morbidi (si induriranno una volta raffreddati, non temete. Se li farete cuocere troppo, avrete dei Sassi di Dama!). A questo punto sciogliamo il cioccolato a bagnomaria e poi aspettiamo che si raffreddi un po’, raggiungendo una consistenza più cremosa, in modo da poter farcire metà calotta (con l’aiuto di una sac à poche) e coprirla con un’altra. Et voilà i nostri Baci di Dama!

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